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Perché Dio non ha creato Eva con la stessa perfetta integrità di Maria Vergine?

Perché Dio non ha creato Eva con la stessa perfetta integrità di Maria Vergine: immune, cioè, dal fomite della concupiscenza e da qualsiasi ombra di peccato attuale? Lei, a differenza di Eva, sarebbe sempre rimasta la “piena di grazia”(Luca 1,28), non avrebbe cioè commesso il peccato originale e noi, sua discendenza, avremmo conservato una natura umana incorrotta e non avremmo conosciuto la fatica e il dolore.

La domanda su riportata, che mi è stata rivolta da una lettrice e che ringrazio, mi ha stimolato a scrivere il seguente mio articolo. Innanzi tutto debbo scrivere che la domanda è errata, perché presuppone una differenza di doni tra Eva e Maria Vergine. In realtà, entrambe ebbero i medesimi doni, per cui Eva godeva delle medesime possibilità offerte a Maria di rimanere in grazia di Dio. Semmai, ci si potrebbe chiedere: perché Dio, che prevedeva la futura risposta sia di Eva che di Maria alla sua grazia, non ha creato direttamente Maria al posto di Eva come capostipite del genere umano. La risposta è semplice: perché Maria è figlia di Eva. Figlia “speciale”, ma sempre figlia di Eva. Per cui Maria non poteva esserci senza Eva. In più, a differenza di Eva, Maria era destinata dall’eternità ad essere la Madre di Dio. Ma andiamo per gradi. Caro lettore, seguimi in questo mio itinerario alla scoperta del mistero dell’Immacolata. Pur essendo il mio solo un balbettio[1], sarà comunque un «tuffarsi nell’azzurro, nella luce, nell’amore»[2].

Indice dell’articolo

Dio ha creato l’uomo perfetto

Dio ha creato l’uomo perfetto, dotandolo cioè, oltre che di doni naturali, anche di doni preternaturali e soprannaturali:

  • doni naturali, essenziali, necessari per avere un essere umano, ossia: l’anima razionale e il corpo;
  • doni preternaturali, i quali integrano la natura umana, ma sono indebiti alla medesima; e sono tre: immunità dalla concupiscenza, ossia, dalle disordinate inclinazioni dell’appetito sensitivo; l’immortalità del corpo e l’immunità dalle malattie; la scienza infusa proporzionata al loro stato di re su tutte le altre creature e di esseri creati a immagine e somiglianza di Dio per l’anima;
  • doni soprannaturali: la grazia santificante (partecipazione della natura divina) con le rispettive virtù e doni infusi.

Con il peccato originale l’uomo fu privato di quanto spontaneamente aveva spregiato: la Grazia, l’integrità (o immunità dalla concupiscenza), l’immortalità, la scienza[3]. Perse cioè i doni preternaturali e soprannaturali.

Nella trattazione seguente, per chiarezza, distinguo tra peccato originale originante (come cioè si verificò nei nostri progenitori, Adamo ed Eva) e il peccato originale originato (come cioè si è verificato e si verifica nei loro discendenti per via di carnale generazione).

Il peccato originale: un dramma sia per l’uomo che per Dio

La nostra condizione umana è un dramma, perché ereditiamo questa tara del peccato originale, causa del nostro dolore, senza averne colpa. Nel contempo, però, è segno 1) dell’infinito rispetto che Dio nutre per la nostra libertà e 2) dell’inconcepibile suo amore per noi. Infatti:

  1. Dio avrebbe certamente fatto prima se avesse sterminato Adamo ed Eva nel momento esatto del loro peccato originale originante e avesse ricreato una nuova generazione umana immacolata. Ma questo avrebbe significato da parte di Dio il rinnegamento del dono della libertà da lui concessa all’uomo. Se Dio, infatti, non avesse lasciato che si compissero le conseguenze della libera scelta di Adamo ed Eva e cioè la propagazione nella loro discendenza del peccato originale originato, avrebbe reso illusoria lo loro libertà. Essa infatti è vera solo quando comporta la realizzazione delle conseguenze delle libere scelte.
  2. Il peccato originale originante non fu un dramma unicamente per l’uomo, ma soprattutto per Dio, poiché fu «il primo anello di quella catena con cui il Verbo del Padre fu tratto alla morte, l’Agnello divino al macello»[4]. Solo il suo martirio, infatti, avrebbe potuto redimere l’umanità decaduta. Per far questo, Dio che è Amore (1 Giovanni 4,8; 4,16) avrebbe dovuto preventivamente assumere la natura umana.

Il piano di salvezza ideato da Dio

Mentre Dio chiudeva all’uomo l’ingresso al Paradiso terrestre (cfr. Genesi 3,24), apriva il proprio cuore alla speranza di poter un giorno accogliere nel Paradiso celeste coloro che avessero voluto liberamente entrarci. Perché si potesse realizzare tale speranza divina era necessario che si creassero le condizioni idonee. Dio, dunque, nella sua prescienza, che non annulla la libertà dell’uomo, attese pazientemente che dal ciclo naturale delle generazioni umane nascesse finalmente una creatura dotata di: 1) ottimo naturale, come è sorte si abbia nascendo da due santi (Gioacchino e Anna); 2) una predisposizione alla bontà d’animo; 3) un continuo accrescimento di questa bontà per il buon volere e 4) un corpo immacolato. In questa creatura umana avrebbe potuto infondere, unica fra le creature dopo Adamo ed Eva, un’anima immacolata per renderla degna di divenire Madre di Dio. Dio avrebbe allora assunto da essa la natura umana e avrebbe poi pagato con il suo proprio sangue di uomo-Dio il “debito di Adamo” (Preconio pasquale). Solo allora, tutti gli uomini che avessero scelto liberamene di “battezzarsi nella sua morte” (cfr. Romani 6,3), avrebbero ricevuto la cancellazione del proprio peccato originale originato e la possibilità[5] dopo morte di entrare nel Paradiso celeste, oramai aperto.

Questa creatura avrebbe goduto in via esclusiva della redenzione preservativa. La sua anima, cioè, sarebbe stata preservata dal peccato originale originato in vista della sua singolare funzione. Non avrebbe così trasmesso per via generativa al Dio incarnato nel suo seno il peccato originale. Di questa grazia doveva essere dotata non solo al momento del concepimento di Dio nel suo seno, come se le fosse sufficiente una sorta di preventiva grazia battesimale; ma ne doveva essere dotata fin dal suo proprio concepimento, perché solo così sarebbe stata preservata dalle conseguenze del peccato originale, e cioè principalmente da quel fomite della concupiscenza che la grazia battesimale, pur cancellando il peccato originale, non annulla completamente (come tutti noi battezzati constatiamo).

Di tale eccelsa creatura così tesse le lodi il Padre:

«Questa [creatura] è Colei che riporta i tempi ai giorni primi, e dà ai miei Occhi divini la gioia di contemplare un’Eva quale Io la creai, ed ora fatta ancor più bella e santa perché Madre del mio Verbo e perché Martire del più gran perdono»[6].

Questa meravigliosa creatura è la Vergine Maria. In lei Dio, in quanto Dio, vedeva una sorella e una sposa (cfr. Cantico dei cantici 4,8-12), una delizia e un riposo. In quanto uomo, vi avrebbe visto una mamma e un conforto. Tutto vedeva e aveva in Maria, come Dio e tutto avrebbe visto e avuto come Uomo. Colei che era la Delizia della Seconda Persona della Triade in Cielo, Delizia del Verbo come del Padre e dello Spirito, sarebbe divenuta prima la Delizia del Dio incarnato e poi la delizia dell’Uomo Dio glorificato. Dio per la salvezza dell’uomo si è dunque privato due volte delle sue compiacenze: in Gesù e in Maria per darli alla Terra.

Maria e la tentazione

Non temette Dio di affidare la sua Rosa agli uomini, tutti indegni di tutelarla, perché prevedeva già la sua risposta alla grazia. Le parole del Cantico dei cantici si applicano perfettamente a lei:

«Il Pacifico aveva una vigna e l’affidò ai vignaioli i quali, profanatori aizzati dal Profanatore, molte somme avrebbero dato per averla, ossia tutte le seduzioni a sedurla, ma la Vigna bella del Signore si custodì da sé, né volle dare i suoi frutti altro che al Signore, e volle aprirsi allo Stesso generando il Tesoro senza prezzo: il Salvatore»[7].

È errato, perciò, pensare che il dono della concezione immacolata abbia preservato Maria dalla tentazione. Come Eva e ogni creatura appartenente al genere umano ella è stata soggetta all’azione tentatrice di Satana e degli angeli ribelli. Mentre, però, Eva, pur godendo di una condizione più favorevole al mantenimento dello stato di grazia, dato che viveva nel Paradiso terrestre, entrò e cadde in tentazione, Maria, nonostante vivesse in un mondo già corrotto e deicida, non acconsentì mai ad essa.

I meriti di Maria

Mentre per l’essere stata preservata dal peccato originale, Maria non ha meriti, essi sono tutti suoi per quanto concerne la conservazione dello stato di grazia. Maria è, quindi, un capolavoro di santità. Seconda solo a Dio. Ora comprendiamo che quando la Chiesa applica a lei il brano del Cantico dei cantici:

«Tutta bella sei tu, amata mia, e in te non vi è difetto» (Ct 4,7),

non allude solo alla sua redenzione preservativa, cioè la preservazione singolare dal peccato originale, ma anche al suo merito di non aver mai compiuto alcun peccato attuale e aver meritato il saluto dell’angelo:

“Ave Maria, piena di grazia” (Luca 1,28).

Esortazione finale

È stato importante parlare del peccato originale e dell’Immacolata perché, dice Gesù:

«ora il novanta per cento fra voi è simile ad Eva intossicata dal fiato e dalla parola di Lucifero, e non vivete per amarvi ma per saziarvi di senso. Non vivete per il Cielo ma per il fango, non siete più creature dotate d’anima e ragione ma cani senz’anima e senza ragione. L’anima l’avete uccisa e la ragione depravata. In verità vi dico che i bruti vi superano nella onestà dei loro amori»[8].

Se questo era vero nel 1944, anno in cui fu scritto il messaggio appena citato, figuriamo oggi!

Se vogliamo, dunque, amare lo Spirito Santo, il nostro modello deve essere Maria, nuova Eva, che è la sua sposa e che nell’umiltà, nel nascondimento e nel silenzio è divenuta madre di Dio. Se vogliamo amare il Figlio, il nostro modello deve essere sempre lei, che lo ha amato come si ama un figlio, un fratello, un maestro, un sovrano e come si ama Dio. Se vogliamo amare il Padre, il nostro modello è suo Figlio, Gesù, nuovo Adamo (Romani 5,12-19). Sforziamoci, dunque, di vincere le corrotte tendenze della nostra natura decaduta dallo stato di perfezione originaria, ricorrendo spesso agli aiuti che il Signore ci ha donato per vincere questa lotta: la preghiera e i sacramenti.

Flaviano Patrizi


Note

[1] Per una trattazione completa dell’argomento rimando alle opere valtortiane citate nelle note seguenti e a Gabriele M. Roschini, La Madonna negli scritti di Maria Valtorta, Edizioni Pisani, Isola del Liri (FR), 1973.

[2] Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, I, cap. 5, CEV, Isola del Liri (FR), 2000.

[3] Cfr. Maria Valtorta, Lezioni sull’epistola di Paolo ai Romani, CEV, Isola del Liri (FR), 1986, 141.

[4] Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, I, cap.17 (fine), CEV, Isola del Liri (FR), 2000

[5] Rimane solo una possibilità perché per entrare in Paradiso non è sufficiente il battesimo; occorre fare liberamente la volontà di Dio, che consiste essenzialmente nell’amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come noi stessi (cfr. Mt 22,36-40; 1Gv 4,21).

[6] Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, X, cap. 651, CEV, Isola del Liri (FR), 2000.

[7] Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, VII, cap. 433, CEV, Isola del Liri (FR), 2000. In questo brano è data la spiegazione di un passo oscuro del Cantico dei cantici: 8,11-12. “Salomone”, cioè il “Pacifico”(questo è il significato del nome Salomone) è Dio, la “vigna” è sia Maria Vergine che la sua integrità. Per cui il v 12 riporterebbe il rifiuto della Vergine Maria alle seduzioni demoniache.

[8] Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, I, cap. 17, CEV, Isola del Liri (FR), 2000.