Nella seconda edizione della Testimonianza della dottoressa Glòria Polo, vi è un accenno al tema della spirale in questi tèrmini:
«Il ginecòlogo non mi aveva […] detto che la spirale svolgeva anche una funzione abortiva, nel caso in cui, non essendo riuscita a impedire la fecondazione dell’òvulo, ne impediva, però, l’annidamento nella parete endomètriàle dell’útero della donna. […] I dispositivi intrauterini sono abortivi, perciò le donne che li utilízzano si màcchiano del peccato di aborto»[1]
Ciò che la dottoressa Glòria Polo afferma a proposito della spirale è vero? L’articolo seguente risponderà a questa domanda.
Funzione della spirale
Il “dispositivo intrauterino” (DIU) o spirale al rame è un píccolo dispositivo di plàstica rivestito di rame, posizionato all’interno dell’utero della donna dal ginecòlogo, durante il ciclo mestruale. La spirale ha un effetto tòssico sugli spermatozoi ed ha due funzioni:
- interferisce con la risalita degli spermatozoi verso la tuba impedendo la fecondazione dell’òvulo (funzione contraccettiva),
- impedisce l’impianto di un eventuale òvulo fecondato, alterando l’endomètrio (funzione intercettiva)[2].
La spirale di rame non provoca l’espianto dell’ovulo fecondato annidato nella parete endometriale. Siccome per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la gravidanza inizia al momento dell’impianto dell’ovulo fecondato[3] (OMS, 1985), e non al momento del concepimento, solo ciò che provoca l’espianto viene considerato abortivo, cioè che pone fine ad una vita umana. Per queste ragioni l’OMS considera la spirale non abortiva.
Per la Chiesa Cattolica però:
«una nuova vita umana ha inízio […] quando si uníscono il seme femminile e quello maschile; da allora esiste un nuovo èssere umano che, per sopravvívere e svilupparsi, si annida nell’útero. Impedire questo annidamento signífica dunque impedire al nuovo èssere umano di continuare a vívere, ossia sopprímerlo: è esattamente questa la triste realtà dell’aborto intenzionalmente procurato»[4].
E San Giovanni Paolo II, aggiunse:
i «dispositivi intrauterini […] agiscono in realtà come abortivi nei primissimi stadi di sviluppo della vita del nuovo essere umano»[5].
La Chiesa, dunque, considera abortiva la funzione intercettiva della spirale perché la spirale, impedendo l’impianto dell’ovulo fecondato nella parete endometriale, impedisce il nascere[6], cioè il venire alla luce, di una nuova vita già iniziata nel concepimento[7].
Implicazioni legali
Purtroppo in Itàlia, mentre non vi è alcuna definizione legislativa esplícita del momento in cui si può considerare iniziata una gravidanza, una interpretazione sistematica della legge 194/1978 lascia intèndere che si ha interruzione della gravidanza solo in un momento successivo all’annidamento dell’òvulo fecondato nell’útero materno, adottando di fatto la definizione della OMS. Ragion per cui la spirale non viene considerata abortiva.
Conclusioni
In base a quanto sopra scritto possiamo conclúdere che la spirale di rame svolge una doppia funzione: contraccettiva e intercettiva. Tecnicamente, dunque, la spirale non provoca l’espianto dell’ovulo fecondato dalla parete endometriale, ma sopprime comunque una vita nascente. Ed allora ciò che la dottoressa Glória Polo afferma a propósito della spirale è vero. Chi la utilizza quindi non solo pecca contro il sesto comandamento: “non commettere atti impuri”, ma potrebbe peccare anche con il quinto: “non uccidere”.
Note
[1] Flaviano Patrizi (a cura di), Sono stata alle porte del cielo e dell’inferno. Nuova testimonianza della dott.sa Gloria Polo, seconda edizione, Himmel Associazione 2021, p 84.
[2] World Health Organization, The TCu380A Intrauterine Contraceptive Device (IUD), Specification, prequalification and guidelines, 2011, p. 11. Data la funzione intercettiva della spirale, essa viene utilizzata dai ginecologi anche come contraccettivo/intercettivo d’emergenza.
[3] L’annidamento dell’embrione avviene dopo circa 5-6 giorni dalla fecondazione.
[4] Intervista a mons. Camillo Ruini, allora presidente della CEI, comparsa su Avvenire del 3/11/2000.
[5].Giovanni Paolo II, enciclica Evangelium Vitae, n. 13.
[6] Il tèrmine “aborto” signífica etimologicamente appunto “non nato”. Esso deriva, infatti, dal latino abòrtus, che è il participio passato di ab–òrior e cioè non-nascere.
[7] Pontificia Accademia per la vita, Comunicato finale dell’Assemblea Plenaria su “Identità e Statuto dell’embrione umano”, “L’osservatore Romano”, 21 febbraio 1997, p.4. PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA, Dichiarazione finale della XII Assemblea Generale su “L’embrione umano nella fase del preimpianto. Aspetti scientifici e considerazioni bioetiche” , 28 febbraio 2006.