Il 7 marzo 2020, ancora non vi èrano che solo alcuni casi di CoViD-19 in Colómbia e i véscovi di quel paese si fécero comunque préndere da un eccesso di “prudenza accecante” o méglio detto: da un pànico (se non dalla mancanza di fede genuina), che li indusse a pubblicare un documento nel quale veniva vietato ai fedeli cattòlici in tutti i territori della loro giurisdizione la comunione sulla lingua.
Il 10 marzo 2020, però, il segretàrio generale della Conferenza Episcopale Colombiana (CEC), a differenza dei vescovi della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), rettificò in diretta TV quell’abusivo divieto emanato pochi giorni prima per ragioni “emergenziali”.
I véscovi colombiani, quindi, èrano e sono tuttora consapévoli (almeno nella loro maggioranza) di non godere nemmeno in período emergenziale dell’autorità di emanare norme relative alla ricezione della comunione eucaristica sacramentale che contraddicono il Còdice di Diritto Canònico, i libri liturgici e le istruzioni della Santa Sede[1]. Forse sarà per mèrito dei vescovi fedeli colombiani e per correzione dei tentennanti che il Signore ha concesso pròprio ad un giovane parroco di Bogotà (Colombia) una visione concernente il modo più santo di ricévere la comunione eucaristíca sacramentale.
I véscovi italiani, invece, contínuano a farsi beffe del Còdice di Diritto Canònico, dei libri litúrgici e delle istruzioni della Santa Sede, applicando anche in modo erròneo il protocollo di intesa con lo Stato italiano.
Permettétemi, allora, di fare due riflessioni che fanno ulteriormente comprendere la gravità dell’abuso della CEI: una riguarda i provvedimenti presi dai véscovi sardi, quando la Sardegna è stata zona bianca, e l’altra concerne le terríbili conseguenze dell’abuso della CEI, conseguenze che troppo pochi comprendono.
Cosa hanno fatto i vescovi sardi in zona bianca?
A scandalizzare molti fedeli non è solo la CEI o, per esèmpio, il vescovo di Manfredònia-Vieste-San Giovanni Rotondo, monsignòr Franco Moscone, il quale affermò incredibilmente che la Comunione sulla lingua è un abuso, ma anche la Conferenza Episcopale Sarda. La Sardegna, infatti, è stata zona bianca, eppure i véscovi sardi si sono ostinati a calpestare il diritto dei fedeli di accostarsi come preferíscono alla comunione, sebbene non ci fossero più le ragioni emergenziali invocate dalla CEI. Vògliono forse dare l’ultima spallata alla comunione sulla lingua? Questa potrebbe èssere, per qualche vescovo, una delle ragioni del loro ingiustificato abuso. Ma tale ragione si méscola senz’altro ad un’altra più terra terra: l’irrazionale paura del Sars-CoV-2, irrazionale perché ha solo basi propagandistiche e non scientífiche (la malattia si cura). Non li biàsimo, però, visto che dall’alto della gerarchia vaticana non sono stati certamente aiutati ad uscire dal loro tunnel. Se papa Francesco, invece di pubblicizzare i vaccini anti-Sars-CoV-2 ― alcuni dei quali sollévano gravíssimi dubbi morali ― avesse dato il medésimo spàzio alla promozione dell’efficace cura domiciliare, diffusa dal (e non solo) movimento Ippòcrate , quei véscovi, non temendo più di èssere additati come gli untori di una “malattia incuràbile”, non avrébbero più avuto l’assurdo motivo che a parer loro li legittimava a sacrificare il diritto dei fedeli a comunicarsi secondo le pròprie preferenze.
Non c’è in ballo solo la devozione eucarística
Non si faccia, però, lo sbàglio di crèdere che le decisioni della CEI di vietare la comunione sulla lingua investa unicamente la devozione eucarística. Questo abuso di autorità, infatti, pròprio perché lede il diritto dei fedeli ed è giustificato per ragioni emergenziali, ha come gravíssima conseguenza anche quella di offuscare il discernimento dei fedeli, impedendo loro di saper ben valutare gli attuali provvedimenti delle autorità púbbliche. Se i véscovi, infatti, legíttimano la loro deriva autoritària invocando ragioni emergenziali, come potranno i fedeli accòrgersi della deriva autoritària degli òrgani dello Stato, se tali òrgani legíttimano la loro deriva autoritària pròprio con le medesime ragioni? Non saranno forse indotti i fedeli a giustificare i prepotenti che calpèstano i diritti fondamentali dei cittadini (circolazione, domicílio, riunione e associazione, manifestazione del pensiero, salute) e che si stanno avvicendando alla guida del nostro paese senza consenso democràtico? Certo che saranno indotti confusamente a giustificarli per “ragioni emergenziali” e non si renderanno conto che così facendo spianeranno, loro malgrado, la strada all’instaurazione di un regime político più oppressivo di quello terapèutico attuale.
Cosa dovrébbero fare i sacerdoti e i fedeli
I sacerdoti dovrebbero formare correttamente i fedeli non secondo la paura irrazionale del pròprio véscovo, ma secondo la verità ininterróttamènte proclamate dalla Chiesa docente e che ho già indicato in due articoli[2]. Solo se i sacerdoti faranno così, potremo méttere nelle mani dei fedeli la leva per il cambiamento della mentalità errata di parte della gerarchia cattolica attuale. Índico questa leva nelle conclusioni del mio sàggio sull’abuso della CEI.
Abbiamo bisogno di sacerdoti, véscovi e cardinali coraggiosi, uniti a un pontéfice altrettanto coraggioso; capaci di seguire il suo esèmpio, quando egli non scende a compromessi con il mondo e per la fedeltà a Gesù è disposto a lasciarsi derubare della pròpria povera vita terrena. Altrimenti per cosa sono sacerdoti?
«Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?» (cfr Ez 34,2, cfr Is 56,11).
Noi laici prendiàmoci, però, le nostre responsabilità. Ritorniamo al Signore. Solo così il Signore potrà darci pastori secondo il suo cuore:
«Ritornate, figli traviati – oracolo del Signore – perché io sono il vostro padrone. Vi prenderò uno da ogni città e due da ciascuna famiglia e vi condurrò a Sion. 15Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza» (Ger 3,14-15).
Note
[1] Per approfondire: Flaviano Patrizi, “Distribuzione della comunione con i guanti e imposizione della comunione sulla mano: l’abuso liturgico imposto dalla CEI“; don Federico Bortoli (note di Flaviano Patrizi), “Infondatezza mèdico-scientífica e giurídica dell’imposizione della Comunione sulla mano“.
[2] Vedere nota precedente.
Ti dico solo una cosa: pensavo anch’io che si trattasse di una “dittatura sanitaria”, perché ho conosciuto solo persone che si ammalavano e guarivano: di qualunque età fossero. Mi riusciva difficile credere che si potesse morire di Covid. Finché, proprio oggi, ho ricevuto la notizia che uno dei miei parenti stretti che vivono in Spagna da sempre, so è ammalato ed è finito, intubato per 12 giorni, in terapia intensiva. Quello che mi ha raccontato di quei giorni e dei giorni successivi, è bastato a farmi cambiare idea si tutto. È vero, ne è uscito, ma avevano già avvertito la moglie che non sapevano se ce l’avrebbe fatta. Dunque, fosse anche per una sola persona che soffre così terribilmente, e se sapessi che prendere la Comunione sulle mani può servire, io continuerei a prendere la Comunione sulle mani. Soprattutto perché continuo a credere fermamente che sia illogico pensare di avere una lingua pulita se si ha un cuore sporco. Grazie ancora per il tuo tempo REGALATO.
Cara Marina, facendo il punto di quanto da te scritto dunque: 1) inizialmente negavi senza dati alla mano la realtà del coronavirus, 2) ora senza dati alla mano sei convinta che sia più igienico prendere la comunione in mano. Ci viene da domandarti: piuttosto che abbracciare emotivamente e ciecamente credenze erronee non è forse meglio maturare una convinzione basata sullo studio?
Redazione Himmel