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Ma papa Francesco crede nell’inferno?

In questi giorni sono andata a fare visita al dott. Flaviano Patrizi per intervistarlo in merito alla missione che condivide con la dottoressa Gloria Polo. L’intervista ha però preso, fin dalle prime battute, una direzione inaspettata, ma provvidenziale perché ci ha permesso di approfondire una tematica molto importate: papa Francesco crede o non crede nell’inferno così come è insegnato dal Magistero Cattolico? Ecco il testo dell’intervista.

Intervistatrice: Dott. Patrizi, come sta?

Flaviano Patrizi: Soffro, prego e cerco di contribuire ad arginare la grande confusione dottrinale che ha colpito i vertici della mia amata Chiesa Cattolica. Mi pare che molti di coloro che occupano quei posti, nel tentativo di piacere al mondo, si siano fatti disponibili ad accettare compromessi svilenti la propria vocazione di figli della verità e àbbiano rinunciato a essere “segno di contraddizione” (cfr. Lc 2,34) per un mondo che segue la menzogna. Ed è per questo che non hanno “assunto con Cristo il peccato del mondo” ma lo hanno giustificato. Per uscir fuori di metafora e rendermi più comprensibile, faccio un paio di esempi. Mi pare risponda a quanto appena detto la lettera di papa Francesco del 5 settembre 2016 ai vescovi della regione pastorale di Buenos Aires e fatta da lui pubblicare il 5 giugno 2017 nella “Gazzetta Ufficiale” della Santa Sede e cioè negli Acta Apostolicae Sedis (AAS) come epistula apostolica conferendo ad essa lo status di “magistero autentico”, nonostante che in essa in definitiva è tollerato in certi casi l’adulterio; un altro esempio è la nomina datata 12 aprile 2017 da parte di papa Francesco del gesuita americano James Martin come consulente della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, il che equivale ad avallare la comunità LGBT, dato che è noto a tutti coloro che vogliono informarsi il suo appoggio alla comunità LGBT, che non manca mai di manifestare pubblicamente con la sua produzione letteraria[1], la partecipazione a programmi televisivi e le sue frasi bene auguranti indirizzate ai partecipanti ai gaypride parade, come quella apparsa nel suo profilo Twitter, che conservo ancora perché la mia memoria rifiuta di ricordarla, ma devo ricordarla se voglio comprendere i tempi in cui viviamo. Gliela leggo:

«Il gay è bello, siate orgogliosi e pieni di gioia nell’essere gay, perché i gay sono figli prediletti di Dio e sono fatti a sua immagine» (vd. profilo Twitter di James Martin, 25/06/2017)

A commento di questa frase si veda il mio articolo L’omosessualità nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nella Bibbia.

Mi permetta di fare un piccolo affondo in merito a questo attacco al sesto comandamento attingendo alla profezia. La perversione dei costumi è uno dei segni apocalittici insieme all’apostasia. A proposito di questa apocalittica epidemia vorrei citare quanto profetizzò la beata Anna Maria Taigi, che, alla fine del diciottesimo secolo, mostrò con grande anticipo anche ciò che allora era assolutamente impensabile, e cioè: i Gay pride parade per le strade di Roma:

[…] dopo questi segni, quando si sarà vicini alla fine, il Drago sarà sciolto e la Divina Madre inviterà alla penitenza e gli uomini senza tener conto dei Celesti moniti andranno per le vie della Eterna Città Santa bagnata dal Sangue dei Príncipi, portando la Lussuria in processione; e il Padre della Menzogna sarà a loro capo. Sacrilègî compiranno contro i templi del Santo Spirito e contro la Religione: gli uomini si vestiranno da donne e le donne si vestiranno da uomini, la Voce del Santo Vicario non sarà ascoltata e l’Alma Sua figura sara fatta oggetto di scherno e risa, allora il Drago che già ha preso possesso del suo regno istillerà lumi alle menti degli a lui soggetti per diffondere l’alito pestilento della Lussuria ove il Beatissimo pose Sede e per diffondere e moltiplicare l’opera sua nefanda di distruzione e perdizione, dovrà allora dalla Cristianità implorarsi la Misericordia di Dio e fare Orazione per la Chiesa Militante domandando aiuto alla Madre Santa e offrendo penitenze e sacrifici […].

Questa è purtroppo la situazione nella quale siamo chiamati a vivere con una chiesa gerarchia che ha perduto la parresía apostolica. Se queste sono le premesse, si capisce perché S.E. Mons. Nunzio Galantino, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, abbia sentito il dovere di scrivere una lettera nel marzo 2017 ai vescovi italiani per invitarli a non lasciare spazio nelle proprie diocesi alla testimonianza della dottoressa Gloria Polo. Ciò che lei predica, infatti, è incompatibile con le tendenze “misericordiste” dell’attuale pontificato, che vuole una chiesa in dialogo serrato col mondo, accomodante fino all’ambiguità e dimentica della necessità di annunciare nella loro interezza le esigenze del Regno di Dio e le verità escatologiche: morte, giudizio, inferno, paradiso.

Intervistatrice: Non vedo personalmente tale problema… ma leggendo tra le righe dei suoi articoli ho intuito la sua difficoltà… Io credo, però, che il Papa si renda conto del dovere di bilanciare il dialogo e l’annuncio, e lo fa tenendo conto del fatto che la gente ad extra non è più ricettiva di un certo modo di annunciare le verità della fede.

Flaviano Patrizi: Vorrei potere essere d’accordo con lei, ma la conoscenza degli interventi di Bergoglio me lo impedisce.

Intervistatrice: Anche io conosco gli interventi di papa Francesco, ma non vi trovo in essi nulla di sbagliato….

Flaviano Patrizi: Come ben saprà Eugenio Scalfari in tre suoi articoli ha attribuito a papa Francesco delle affermazione riguardanti l’inferno contrastanti con la dottrina cattolica. Non do particolare credito a quanto scritto da Scalfari, anche perché, sebbene possa legittimamente rimanere il dubbio che papa Francesco abbia realmente pronunciato quelle parole, resta un dato di fatto la doppia smentita (marzo 2015 e marzo 2018) dell’ufficio stampa vaticano. È interessante però rileggere le parti salienti di quegli articoli perché preparano quello che desidero dirle. Guardi, ho le trascrizioni proprio qui. Ecco la prima, gliela leggo:

«Che cosa accade a quell’anima spenta? Sarà punita? E come?
La riposta di Francesco è netta e chiara: non c’è punizione ma l’annullamento di quell’anima»
(Eugenio Scalfari, “Quel che Francesco può dire all’Europa dei non credenti”, in La Reppublica, 15 marzo de 2015)

Senta quest’altra:

«Papa Francesco – lo ripeto – ha abolito i luoghi di eterna residenza nell’ Aldilà delle anime. La tesi da lui sostenuta è che le anime dominate dal male e non pentite cessino di esistere mentre quelle che si sono riscattate dal male saranno assunte nella beatitudine contemplando Dio. Questa è la tesi di Francesco ed anche di Paglia» (Eugenio Scalfari, “Inferno e paradiso dentro il nostro io, in L’Espresso, 25/06/2107,

Per quest’articolo la sala stampa vaticana non ha dato alcuna smentita. Non perché il presunto pensiero del papa non fosse scritto nel virgolettato, altrimenti per la medesima ragione non si sarebbe dovuto smentire nemmeno il primo articolo visto che anche in esso il presunto pensiero del papa non era scritto nel virgolettato.

Nella seguente ultima citazione che desidero leggerle, il presunto pensiero del papa è posto nel virgolettato; segno della volontà dell’autore di presentare quelle parole come una fedele trascrizione di quanto pronunciato dal pontefice nell’intervista:

«…le anime cattive? Dove vengono punite? “Non vengono punite, quelle che si pentono ottengono il perdono di Dio e vanno tra le fila delle anime che lo contemplano, ma quelle che non si pentono e non possono quindi essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici”» (Eugenio Scalfari, “il papa: è un onore essere  chiamato rivoluzionario, in La Repubblica, 28 marzo 2018).

Come le ho già detto, a me non interessano tanto le dichiarazioni di Scalfari. Però debbo rilevare che i medesimi concetti che lui attribuisce a papa Francesco, se non vado errato nella mia esegesi, sono stati espressi effettivamente dal pontefice in una sua omelia risalente al 2016, che cronologicamente si situa quindi tra il primo e il secondo articolo di Scalfari, pronunciata a Santa Marta a commento delle letture del lezionario che proponeva un brano tratto dal libro dell’Apocalisse (Ap 20,1-4.11-21,2). Senta cosa dice papa Francesco. Glielo leggo:

«La dannazione eterna non è una sala di tortura […] è una morte» (Papa Francesco, omelia in Santa Marta, 25/11/2016).

Magari la dannazione fosse una morte, o come riporta Scalfari nei suo articoli: un annullamento, una cessazione dell’esistenza o una scomparsa. Sappiamo, però, che non lo sarà perché diversamente si esprimono sia i Vangeli che la tradizione e il magistero cattolico. Se lei riesce a fare una esegesi delle parole di papa Francesco differente dalla mia, me la comunichi per favore e mi corregga. Non potrei che esserle grato.

Intervistatrice: Il pontefice parla di “morte spirituale perenne”, per cui…

Flaviano Patrizi: Per cui?… Anche se per il sentire teologico contemporaneo l’idea di dannazione come “morte perenne”, “morte-annullamento” pare corretta, essa in realtà è nettamente contraria alla costituzione Benedictus Deus di papa Benedetto XII, che recita:

«Con questa costituzione che avrà vigore in perpetuo, Noi, in forza dell’autorità apostolica, definiamo che […], le anime di coloro che muoiono in peccato mortale attuale, subito dopo la loro morte, discendono all’inferno, dove sono tormentate con supplizi infernali» (Benedetto XII, Costituzione Benedictus Deus, 29 genn 1339, in DS 1000-1002).

La visione di papa Francesco e quella di papa Benedetto XII sono inconciliabili. Nulla giustifica la formulazione erronea di papa Francesco. Sono duro, lo so, ma faccio semplicemente eco a quanto scrisse Pio XII in un suo discorso ai parroci e predicatori quaresimali:

«La predicazione delle prime verità della fede e dei fini ultimi non solo nulla ha perduto della sua opportunità ai nostri tempi, ma anzi divenuta più che mai necessaria ed urgente. Anche la predica sull’inferno. Senza dubbio si deve trattare un simile argomento con dignità e con saggezza. Ma quanto alla sostanza stessa di questa verità, la Chiesa ha, dinanzi a Dio e agli uomini, sacro dovere di annunziarla, d’insegnarla senza alcuna attenuazione, come Cristo l’ha rivelata, e non vi è alcuna condizione di tempi che possa far scemare il rigore di quest’obbligo. Esso lega in coscienza ogni sacerdote a cui, nel ministero ordinario o straordinario, è affidata la cura di ammaestrare, di ammonire e di guidare i fedeli. È vero che il desiderio del cielo è un motivo in se stesso più perfetto che non il timore delle pene eterne; ma da ciò non consegue che esso sia per tutti gli uomini anche motivo più efficace per tenerli lontani dal peccato e convertirli a Dio» (Pio XII, Discorso ai parroci e predicatori quaresimali, 23 marzo 1949).

Per questo soffro: la verità è calpestata e si cerca di silenziare gli autentici profeti di Dio come Gloria Polo.

Intervistatrice: Con tutto il rispetto, credo che lei si stia perdendo in un bicchier d’acqua. Quello del papa è un semplice modo di dire. Secondo lei l’espressione “morte dell’anima” non è equivalente a “supplizio infernale”?

Flaviano Patrizi: Secondo me e secondo il magistero cattolico non semplicemente “autentico” ma “infallibile”[2] ― questo è il tenore della costituzione citata precedentemente ―, non sono la stessa cosa. Un conto è l’annullamento e un’altro il supplizio eterno. Misconoscere questa verità nella predicazione è molto grave perché, mentre la presentazione dell’inferno come supplizio eterno funge per il fedeli da deterrente all’abbandonarsi al peccato, la presentazione di esso come morte-annullamento può facilmente indurre il fedele a credere erroneamente che una vita di peccato possa ben valere un annullamento eterno. Ebbene, quell’ipotetica anima che a causa di questa erronea credenza scegliesse di vivere una vita di dissolutezze con impenitenza finale, non si annullerà, ma sarà condannata a pene eterne. Lei pensa che il Signore non chiederà conto di quell’anima al profeta, che per non voler essere additato come “l’uccello del malaugurio” non le ha predicato quanto doveva al fine di infonderle il salutare timore del supplizio eterno?[3] La piena verità escatologica dell’inferno non è, quindi, marginale. È fondamentale.

Vorrei essere d’accordo con lei, ma la mia intelligenza ancorata a ciò che lo Spirito ha insegnato alla Chiesa, me lo impedisce. Per me è una evidenza e dovrò rendere conto di ciò a Dio.

Intervistatrice: Sento, però, di obbiettarle che il “Papa è il magistero”. Guardi, infatti, la nuova presa di posizione di Benedetto XVI in merito al destino eterno dei bambini morti senza battesimo.

Flaviano Patrizi: La credenza in un “limbo eterno” distinto dal Paradiso per i bambini morti senza battesimo era una semplice “ipotesi teologica possibile”. In quanto tale era passibile di totale revisione[4] , ma ciò non vale per la dottrina sull’inferno che, come ho precedentemente detto, è entrata nelle definizioni dogmatiche del magistero alle quali tutti i fedeli, compreso il romano pontefice, devono credere con ferma fede, pena la scomunica latae sententiae.

Da quanto detto si comprende, allora, che la locuzione da lei pronunciata: “il Papa è il magistero” è vera solo se il Papa non insegna qualcosa che contraddice il magistero precedente. Dire il contrario, oltre ad essere irragionevole, contraddice la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano I Pastor Aeternus, che nel definire l’infallibilità del papa specifica che:

«[…] ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito Santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede» (Pastor Aeternus, cap. 4).

Intervistatrice: Grazie dott. Patrizi per questa chiacchierata.

Flaviano Patrizi: Grazie a lei, che mi ha permesso di dire quanto ho detto. Mi permetta di concludere con una nota metodologica che potrà essere utile a tanti. Non è lecito ridurre la complessità di una personalità a poche sue asserzioni erronee. Poichè le profondità insondabili del cuore umano sono chiare solo a Dio, solo lui ha il diritto di giudicare la totalità della persona di  papa Francesco, padre Martin e mons. Galantino, da me nominati in questa intervista. Per cui a me spetta solo di valutare le loro asserzioni con metodologia teologica, senza presumere e attribuire una certa qualità morale alle intenzioni recondite con cui esse sono date. A me infine spetta anche il dovere di sostenerli fraternamente nella preghiera. Solo così facendo sarò fedele non solo alla verità, ma anche e soprattutto alla carità. Dio la benedica.


Note

[1] James Martin, Bulding a Bridge. How the catholic Church and the LGBT Community can enter into a relationship of respect, campassion, and sensitivity, HarperOne 2017.

[2] Per comprendere la specifica importanza dei differenti interventi magisteriali e il diverso tipo di assenso che ad essi il fedele è tenuto a dare, si veda: Congregazione per la Dottrina della Fede, Formula da usarsi per la professione di fede e il giuramento di fedeltà nell’assumere un officio da esercitarsi a nome della Chiesa con Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della “Professio fidei”, 29 giugno 1998, in AAS 90 (1998) 542-551.

[3] A tal proposito credo che sia bene ricordare quanto il Signore disse a Ezechiele: «[…] Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? […] a loro chiederò conto del mio gregge» (Ez 34,2.10). «Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato» (Ez 33,8-9).

[4]  «[…] i bambini che muoiono senza Battesimo saranno salvati e potranno godere della visione beatifica. […] Si tratta qui di motivi di speranza nella preghiera, e non di elementi di certezza. Vi sono molte cose che semplicemente non ci sono state rivelate (cfr Gv 16,12)» Commissione Teologica Internazionale, La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo, 19 aprile 2007, n 102.