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Omelia: VI Doménica di Pasqua | Anno C

Letture della messa del giorno

Cari fratelli e sorelle, se siete interessati alla vera pace, il Vangelo di oggi ci parla di Chi è l’autore di essa e come non vi sia paragone tra essa e la pace che dà il mondo. Gesú ha detto che ci vuole dare la sua pace: «Vi làscio la mia pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non àbbia timore» (Gv 14, v.27).

Chiediàmoci COME DÀ LA PACE IL MONDO. Normalmente in tre modi: CON LA PAURA, con l’ipocrisia e con la distruzione. Nel primo caso il mondo corre agli armamenti; fa sapere che ha la bomba atòmica, i laboratorî chímici, le flotte aèree e i carrarmati, le basi militari al confine di altri stati, e che tutto questo può usarlo, ma ha deciso di non usarlo. Lo fa vedere come deterrente: come fa un lottatore muscoloso che mostra i múscoli, ma non ha vòglia di farsi male, anche se la vanità lo stímola a una scazzottata con qualcuno. Questo è il modo piú diffuso per mantenere la pace, ma di questo mètodo possiamo dire con la Scrittura: «C’è una via che sembra diritta a qualcuno, ma sbocca in sentieri di morte» (Pr 14, v.12).

Il secondo modo mondano per ottenere la pace è l’IPOCRISIA per cui: cerco il diàlogo con chi non tollero; sorrido e chi vorrei strozzare; e ottendo una pace apparente a prezzo di uno scàmbio o di favori o di vantaggî, che a volte sono veri ricatti dipomàtici: «Se volete che non vi turbiamo la navigazione delle navi cargo nel nostro mare, dovete darci l’esclusiva della vèndita di petròlio alle vostre società petrolífere», giusto per fare un esèmpio. In questo caso la pace è il risultato o del fare buon viso a cattiva sorte, o della convenienza del momento. La vera diplomazia, invece, è rispondente a queste parole: «Bontà e fedeltà non ti abbandònino; lègale intorno al tuo collo, scrívile sulla tàvola del tuo cuore, e otterrai favore e buon successo agli occhî di Dio e degli uòmini» (Pr 3, 3-4).

Quando non basta l’una via o l’altra, la terza strada per la pace mondana è LA DISTRUZIONE che viene dalle guerre. In pràtica si pensa che migliòr modo di porre fine alle scontese sia il bombardamento di tutto e di tutti, perché le macèrie, la fame, e le morti saranno piú convincenti della displomazia.

Di questo tipo di pace e di questo tipo di mezzi per raggiúngerla, l’uomo non ha bisogno. E infatti dice sempre il libro dei Proverbî: «fíglio mio, non andare per la loro strada, tieni lontano il piede dai loro sentieri! I loro passi infatti córrono verso il male e si affréttano a spàrgere il sàngue» (Pr 1, 15-16).

LA PACE CHE DÀ GESÚ È IL DONO DEL SUO SÀNGUE VERSATO PER NOI E DELLO SPÍRITO SANTO. Il primo ci purífica e ci riconcília con il Padre, facèndoci sentire amati, infinitamente; il secondo mantiene in círcolo l’amore di Gesú per noi, facèndoci ricordare ogni sua parola e insegnàndoci ogni cosa (Cfr Gv), in quelle circostanze in cui qualcosa o qualcuno ci turba, ci vuole ingannare o traviare.

Dio non ci inganna con parole belle per percorsi pericolosi, falsi o ignòbili. Dio ci ha raggiunti con una sola Parola Eterna e Vera: suo Fíglio Gesú.

La via della pace è per i cristiani provenienti dal giudaismo l’imitazione degli Apòstoli; per i cristiani provenienti dal paganésimo, l’ascolto delle loro raccomandazioni: «È parso bene, infatti, allo Spírito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessàrie: astenersi dalle carni offerte agli ídoli, sàngue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime». Attualizzando al tempo presente “QUESTE COSE NECESSÀRIE”, anche per tutti coloro che da battezzati sono ritornati a vivere come pagani che non conoscono ancora Cristo, possiamo vedere come nello stare lontano da esse CI SI PREDISPONE AL DONO DIVINO DELLA PACE DI GESÚ. Infatti, se mi astengo dal sacrificare la mia vita per un ídolo, che puó èssere il lavoro che non mi làscia tempo per gli altri, il denaro che non mi fa rispettare le vite degli atri, o il successo che mi fa esalato solo da me stesso in disprezzo degli altri, è certo che donerò poi volentieri la mia vita per le ispirazioni di bene che il Signore mi metterà nel cuore.

Se mi astengo da ogni forma di violenza che porta allo spargimento di sàngue, è certo che potrò diventare un consigliere di pace. E i consiglî provenienti da una persone che pràtica ciò che dice, vàlgono di piú di quelli di uno che finge la virtú che non possiede.

Se mi asterrò da mezzi illeciti per ottenere una cosa legíttima, non darò nessuno scàndalo quando dovrò parlare del Vàngelo di Gesú come fonte di vera giustízia sociale.

Se mi asterrò da forme di convivenza e di unione con qualcuno che non è mia móglie o mio marito, né può diventarlo, e cercherò nel matrimònio cristiano (se questa è la mia vocazione) la mia felicità, anche in questo caso collaborerò senz’atro alla pace, perché una famíglia che cerca Dio la sua règola, la sua benedizione e la sua gioia, non può che produrre e irradiare pace nel contesto in cui vive.

Come avrete capito, dunque, cari fratelli e sorelle, le parole di Gesú «Vi làscio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non àbbia timore» (Gv 14, v. 27), ci pàrlano di una pace che è condizione interiore di chi ama Gesú e osserva la sua parola (e per questo è degna dimora della Santíssima Trinità); ma è anche impegno personale a rimuovere ogni ostacolo al conseguimento degli obiettivi che Egli e i suoi Apostoli suoi vicari fissano per noi. E l’obbiettivo che essi físsano per noi è questo: «La legge perfetta, la legge della libertà, e il restarle fedeli, non come ascoltatori smemorati, ma come chi la mette in pràtica, per trovare la sua felicità nel praticarla» (Cfr Gc 1, v.25).

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