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Omelia: XXXIII Doménica del T.O. anno B

Letture della messa del giorno

Tutta la stòria va verso il suo compimento, e come la stòria anche l’anno litúrgico va verso la sua conclusione. Siamo nella XXXIII Doménica del Tempo ordinàrio e Doménica pròssima sarà la festa di Cristo Re dell’Universo. Dalle letture abbiamo notato ripètere l’espressione «IN QUEL TEMPO». Un’indicazione indeterminata che si ripete quattro volte nella prima lettura tratta dal libro del profeta Daniele e una volta nel Vangelo.

È UN TEMPO SENZA GIORNO E SENZA ORA FISSATI, perché inconoscíbili dall’umanità. Questo tempo è caratterizzato sia dall’angòscia e tribolazione, che ne costituíscono la prima parte; sia dalla venuta (o manifestazione gloriosa) del Signore Gesú, giúdice dei vivi e dei morti. Il Vangelo diceva: «Allora vedranno il Fíglio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e glòria» (Mc 13, v.26). Questo tempo, temuto da chi non ama Dio ed è senza fede, è invece desiderato dai credenti sulla terra e dai credenti sotto terra, dai vivi e dai morti, dal pòpolo delle città e dal pòpolo dei sepolcri e dei cimiteri, che ha consegnato il suo cuore e il suo líbero arbítrio al Signore: CREDENTE È infatti CHI HA FATTO DEL SUO CUORE E DELLA SUA MENTE IL TRONO E LA CORONA DI DIO, sicché amando perfettamente non conosce piú il timore. Il non credente, invece, privo di saggezza nelle sue azioni e attese, né da vivo né da morto dice “Maranatà”, cioè “Vieni, Signore Gesú”, perché il cuore è rimasto un abisso di passioni senza la Passione di Cristo. Diceva Daniele: «IN QUEL TEMPO SARÀ SALVATO IL TUO PÒPOLO, chiunque si troverà scritto nel libro».

Il pòpolo di Dio finisce, dunque, nel libro della vita, nel libro dell’amore, nel libro del Vangelo, NEL VERBO eterno del Padre che porta tutto a compimento in sé stesso.

Si annúnciano una rinàscita e salvezza che sono il prèmio per la giustízia e per la saggezza: «I saggî risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustízia risplenderanno come le stelle per sempre»: tutti gli altri, invece, risorgeranno per una vergogna e infàmia eterne (Cfr Dn 12, 2-3). Ci si perde, dunque, o ci si salva; si arriva pronti o impreparati «in quel tempo». Una cosa è certa però: GESÚ CI HA AVVERTITI E ISTRUITI BENÍSSIMO SU COME ARRIVARE “in quel tempo” e su come riconóscerlo, su come attraversarlo senza disperare, su come perseverare quando tutto va in rovina. Il suo discorso escatològico Gesú lo fa dopo avér ascoltato quelli che ammiràvano le pietre del Tèmpio e prima della sua Passione. Quel Tèmpio sarà distrutto e il suo Tèmpio, cioè il suo Corpo, sarà crocifisso; ma il futuro di entrambi è nelle parole di Gesú che «NON PASSERANNO»: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mc 13, v.31). Vediamo allora queste parole che non passeranno e che ci dànno tante indicazioni sulla fine, che precede l’inízio.

«In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà piú la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte» (Mc 12, 24-25).

Nei giorni in cui la stòria giungerà a compimento, dopo una grande sofferenza da cui usciranno pochi supèrstiti, CI SARANNO SCONVOLGIMENTI ATMOSFÈRICI E ASTRONÒMICI; LA FINE DELLE SUPERSTIZIONI; E LA GRANDE APOSTASIA che precede il Regno di Dio in Terra. I primi sconvolgimenti sono facilmente riconoscíbili: la natura sarà in subbúglio e ciò che serviva a segnare il tempo (il sole e la luna), saranno privi di luce. Gli occhî dell’uomo saranno puntati a riconóscere che nemmeno “il firmamento”, chiamato cosí perché stàbile per sempre nel cielo, sarà fermo: infatti «le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte».

LA FINE DELLE SUPERSTIZIONI era stata già richiesta nel capítolo quarto del Deuteronòmio, come conseguenza del primo comandamento:

«Quando alzi gli occhî al cielo e vedi il sole, la luna, le stelle e tutto l’esèrcito del cielo, tu non lasciarti indurre a prostrarti davanti a quelle cose e a servirle; cose che il Signore, tuo Dio, ha dato in sorte a tutti i pòpoli che sono sotto tutti i cieli» (Dt 4, v.19). Insomma, l’invito era a non divinizzare nessún elemento della creazione: il sole e la luna non divèntino il dio Sole o la dea Luna; le stelle non divèntino guide della vostra vita (e qui potremmo aprire il capítolo penoso degli oròscopi, che dopo millennî sono ancora creduti! Ma èvito). Ecco che nei tempi del compimento, seguiti alla tribolazione, crollerà anche tutto questo apparato di divi e dive, di credenze che non reggeranno alla Verità. E questo è già accaduto con la luce del Vangelo.

L’último significato dei versetti 24-25 del Vangelo di oggi è tutto ecclesiale e riguarda la grande apostasia o impostura religiosa che precederà la seconda venuta di Gesú. “IL SOLE SI OSCURERÀ”, cioè Gesú Cristo sarà eclissato nei cuori dei pastori e dei fedeli, che hanno perso la semplicità di amarlo; LA LUNA NON DARÀ PIÚ LA SUA LUCE, ossia la Chiesa (che per i Padri della Chiesa è come la Luna che riceve dal Sole di giustízia la sua luce), darà una luce che non è quella vera che dovrebbe dare.

LE STELLE, che in questo contesto di crisi profonda, CADRANNO DAL CIELO saranno i sacerdoti, véscovi e cardinali coinvolti in iscàndali che li hanno strappati dal cielo dei puri ministri dell’Altíssimo. E LE POTENZE CHE SONO NEI CIELI, cioè i servitori fedeli dei puríssimi comandi di Dio,  SARANNO SCONVOLTE.

In questo contesto in cui tutto sembra avér perso il suo giusto posto e il suo valore, ci consoli quello che accade al fico. È l’último àlbero a méttere le fòglie e i germoglî, perché gli altri lo hanno fatto a primavera. Eppure, per l’estate afosa e che asseta, produce ombra e frutti dolcíssimi. Come questo fico è la parola di Dio: ascoltata e vissuta, produrrà frutti dolcíssimi, che Gesú al suo ritorno e giudízio riconoscerà e premierà con la vita eterna.

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