Testo di don Federico Bórtoli, dottore in Diritto Canonico e cancelliere della diocesi di San Marino – Montefeltro; divisione in titoli e note di Flaviano Patrizi, teologo e scrittore, autore tra l’altro del saggio “Distribuzione della comunione con i guanti e imposizione della comunione sulla mano: l’abuso liturgico imposto dalla CEI“.
La questione della Comunione sulla mano è una temàtica che mi sta molto a cuore e che ho ampiamente trattato nel mio libro “La distribuzione della Comunione sulla mano”[1], edito da Cantagalli, con la prefazione del Cardinal Robert Sarah. Perciò in queste righe non affronterò il tema nel suo complesso, con tutte le sue problemàtiche, ma mi limiterò a considerare se esiste un fondamento mèdico-scientífico e giurídico per imporre la Comunione sulla mano, come si sta facendo in molti luoghi. Naturalmente per ciò che concerne l’àmbito mèdico farò riferimento ad esperti in matèria, mentre per l’aspetto giurídico cercherò di dare il mio contributo di canonista, basàndomi su ciò che dice realmente il diritto canònico, che, come ho avuto modo di apprèndere nei miei studi, è essenzialmente la ricerca di “ciò che è giusto” in modo oggettivo ed è garanzia affinché vèngano salvaguardati i diritti dei fedeli. Spesso, invece, si ha l’impressione che il diritto o presunto tale venga utilizzato come strumento per imporre le pròprie idee, calpestando le norme reali e i diritti dei fedeli, approfittando solamente della pròpria posizione di potere.
Índice
- L’ASPETTO MÈDICO DELLA QUESTIONE
- L’ASPETTO GIURÌDICO DELLA QUESTIONE
- Cosa affermano i varî protocolli siglati dallo Stato italiano con le vàrie comunità cristiane
- Il límite dell’autorità delle conferenze episcopali regionali e dei síngoli véscovi in tempi ordinarî
- Il límite dell’autorità delle conferenze episcopali regionali e dei síngoli véscovi in tempi di emergenza sanitària
- Diritto invariato dei fedeli a ricévere la comunione in bocca
- CRÍTICA ALL’ABUSO DI NEGARE LA COMUNIONE IN BOCCA
- CONCLUSIONI
LA QUESTIONE MÈDICA
Contesto stòrico
A séguito dell’attuale situazione sanitària legata al CoViD, in molti luoghi la Comunione in bocca viene negata, ponendo sèrie difficoltà di coscienza sia ai fedeli che desíderano ricévere l’Eucaristia in tal modo, sia ai sacerdoti che desíderano rispettare il diritto dei fedeli stessi a comunicarsi così.
Come viene giustificato il divieto della comunione in bocca
Il divieto della Comunione in bocca viene giustificato basandosi sul fatto che tale modalità sarebbe, in maniera certa e inequivocàbile, più rischiosa rispetto alla Comunione sulla mano per la contaminazione da CoViD. Come vedremo, di questo non vi è alcuna evidenza scientífica oggettiva. Sul tema ci sono opinioni contrastanti, come del resto su tutta la questione CoViD si sente tutto e il contràrio di tutto all’interno della stessa comunità scientífica, e non si capisce perché débbano valere di più le opinioni di certi médici piuttosto che altri, solo perché coincídono con il pròprio punto di vista del tutto personale. È necessàrio valutare le cose con più oggettività possíbile.
Come si trasmette il coronavirus
Tutti i mèdici concòrdano sul fatto che, in base alla letteratura scientífica, il CoViD si trasmette attraverso goccioline (droplets): in altre parole il coronavirus deve letteralmente «prendere il volo» per poter infettare, e ciò può avvenire con starnuti, colpi di tosse e parlando a voce alta. Inoltre, alcuni médici come il dottor Pàolo Gulisano, epidemiòlogo presso l’ospedale di Lecco e il dottor Fàbio Sansonna, chirurgo presso l’Ospedale Niguarda di Milano, evidénziano che la stessa saliva finché non passa dallo stato líquido, come è normalmente in bocca, allo stato di goccioline è innocua. Oltretutto la saliva stessa contiene il lisozima che è un disinfettante naturale, il quale agisce contro i virus e i batterî.
¿È igiènica la comunione sulla mano?
Il professór Filippo Bòscia, presidente nazionale dei mèdici cattòlici, sostiene che sono pròprio le mani, toccando tutto, ad èssere la parte del corpo più esposta ai virus e che pertanto è pròprio la Comunione sulla mano ad èssere più pericolosa. Di fronte a tale considerazione si obbietterà che, utilizzando il gel disinfettante e non facendo lo scàmbio della pace, tale problema non sussiste. In realtà, dopo èssersi disinfettato le mani all’ingresso della chiesa, con le mani inevitabilmente si tòccano le panche e altri oggetti. Ma soprattutto, in molte chiese, nonostante le attuali normative dícano che le offerte dévono èssere lasciate prima o al tèrmine della funzione in un appòsito contenitore (qui sì che s può tranquillamente trasgredire la norma), da tempo si è cominciato a raccògliere le offerte durante l’offertòrio, pur utilizzando un oggetto adeguato per mantenere la distanza. Resta il fatto che i fedeli, dopo avere toccato il denaro, banconote o monete che síano (e si sa che dal punto di vista igiènico sono tra le cose più sporche), ricévono l’Eucaristia sulla mano e se la pòrtano alla bocca. Qualcuno dovrebbe spiegare dove sta l’igiene in questo caso. Per di più, molti sacerdoti nòtano che pròprio distribuendo la Comunione sulla mano, con molta facilità, èntrano in contatto con la mano del fedele, per quanto si cerchi di evitarlo, mentre con la Comunione in bocca molto raramente si viene in contatto con la língua o le labbra del fedele e, se dovesse capitare, è sufficiente procedere alla disinfezione delle dita. Quindi, è pròprio la Comunione sulla mano ad èssere meno sicura dal punto di vista igienico.
Ben 21 mèdici cattòlici austríaci, nel giugno scorso (2020, ndc), rifacèndosi alle considerazioni del professór Bòscia, hanno chiesto alla loro conferenza episcopale di rimuòvere il divieto della Comunione in bocca e la conferenza ha tolto questo divieto. Nel settembre scorso (2020, ndc) anche 27 mèdici tedeschi hanno fatto la medésima richiesta alla loro conferenza episcopale.
Chiarito quindi che non vi è alcuna sèria ed oggettiva ragione sanitària per imporre la Comunione sulla mano, analizziamo ora la questione dal punto di vista giurìdico, cercando di capire se i vari provvedimenti volti a vietare la Comunione sulla língua síano lèciti e vàlidi.
LA QUESTIONE GIURÍDICA
¿Òbbligo e conseguenze penali per chi distribuísce e riceve la comunione in bocca?
Innanzitutto si sostiene che la Comunione sulla mano sarebbe una richiesta tassativa dello Stato per garantire la salute púbblica, la cui non osservanza porterebbe addirittura a conseguenze penali. A tal propòsito, chi ritenesse che lo Stato possa determinare nel concreto un rito litúrgico, segnalo che il Card. Sarah, quando era Prefetto del Culto Divino, il 12 settembre scorso (2020, ndc) ha reso púbblica una lèttera ufficiale del 15 agosto 2020, approvata in forma specifica dal Santo Padre, in riferimento all’attuale situazione sanitaria, dove si ricorda che
«le norme liturgiche non sono matèrie sulla quale possono legiferare le autorità civili, ma soltanto le competenti autorità ecclesiastiche»,
facendo riferimento diretto a Sacrosanctum Concilium 22 e al can. 838 del Còdice di Diritto Canònico. Tanto per rispóndere a chi distríbuisce con tanta superficialità patenti di disobbedienza al Papa e al Vaticano II, senza alcun fondamento. Ci può stare che vèngano date indicazioni circa il distanziamento e l’uso delle mascherine, ma non certo determinare come si debba svòlgere un rito litúrgico. In ogni caso, stando all’último documento emanato dal Ministero dell’Interno (rif. nota prot. n. 231/2020 del 17.06.2020) stilato sulla base del famoso Comitato Tècnico Scientífico (CTS), si parla solo di “raccomandazione” di evitare la distribuzione della Comunione in bocca[2]. Quindi non vi è assolutamente alcun óbbligo e tantomeno alcuna conseguenza penale nel non osservare tale raccomandazione.
Cosa afférmano i varî protocolli siglati dallo Stato italiano con le vàrie comunità cristiane
Inoltre, è molto interessante considerare che nei protocolli siglati dallo Stato italiano con le Comunità ortodosse[3], protestanti, evangèliche e anglicane[4], al momento della Comunione si chiede solamente di «non venire a contatto con i fedeli», senza assolutamente entrare nel dettàglio di come si debba svòlgere questo rito. Ed è risaputo che le Comunità ortodosse fanno sempre la Comunione sotto le due spècie utilizzando un cucchiaino che viene avvicinato alla bocca di ogni fedele. Anche alcune comunità luterane fanno la Comunione in bocca e in ginòcchio. Quindi lo Stato verso queste comunità non ha affatto preteso che la Comunione venga fatta solo ed esclusivamente in mano; stanno svolgendo il rito di Comunione come hanno sempre fatto. La stessa raccomandazione di evitare la Comunione in bocca indirizzata alla CEI (Ministero degli Interni, rif. nota prot. n. 231/2020 del 17.06.2020) è stata fatta solo dopo una sollecitazione da parte della stessa CEI e nel primo protocollo[5] si parla solo di «non venire a contatto con le mani dei fedeli», senza esclúdere la Comunione in bocca. Pertanto è falso affermare che lo Stato o la CEI pretende in modo tassativo la Comunione sulla mano.
Il límite dell’autorità delle Conferenze Episcopali regionali e dei síngoli véscovi in tempi ordinarî
Ma molti sostèngono che le conferenze episcopali regionali e/o il síngolo véscovo diocesano pòssano proibire la Comunione in bocca. È veramente così? Innanzitutto possiamo notare che questi “provvedimenti” sono per lo più sémplici comunicati o lèttere, presentando quindi delle lacune dal punto di vista formale e giurídico e che pertanto non pòssono in alcun modo abrogare o sospèndere la norma generale della Comunione in bocca. Perché è pròprio questo il punto fondamentale, la Comunione sulla língua è la norma generale che règola la distribuzione dell’Eucaristia, confermata in modo solenne dalla Santa Sede con l’Istruzione Memoriale Domini del 29 maggio 1969. Quindi è il legislatore supremo, la Sede Apostòlica, ad avere confermato la norma generale della Comunione in bocca. La stessa Istruzione prevede anche la possibilità di chièdere l’indulto della Comunione sulla mano, che dal punto di vista giurídico è un’eccezione alla legge, che pertanto non può per sua natura diventare la norma generale. Per questo motivo un vescovo nella propria diocesi può fare tranquillamente un decreto con il quale vieta la Comunione sulla mano (come ha fatto il vescovo di Oruro in Colómbia nel 2016), ma non può fare il contràrio, ossia vietare la Comunione in bocca.
Il límite dell’autorità delle Conferenze Episcopali regionali e dei singoli véscovi in tempi di emergenza sanitària
Si sostiene, però, che in caso di emergenza sanitària, quanto sopra non vale. In realtà non vi è alcun fondamento giurídico in tale affermazione[6]. Per di più abbiamo già dimostrato che non vi sono evidenze scientífiche oggettive per affermare che la Comunione sulla mano sia più sicura dal punto di vista igiènico rispetto alla Comunione in bocca. Ma ammesso che si dimostrasse questo, solo il legislatore supremo, ossia la Santa Sede, potrebbe cambiare la norma generale della Comunione in bocca (e al momento non l’ha ancora fatto). Nessuna autorità inferiore può modificare questa norma, quindi nessuna conferenza episcopale nazionale, regionale o il singolo vescovo può modificare la norma generale della Comunione in bocca.
Lo stesso cànone 838[7] del Codice di Diritto Canònico è estremamente importante in tal senso, perché ricorda pròprio che regolare la sacra liturgia spetta alla Sede Apostòlica, sottolineando che il véscovo diocesano può legiferare in matèria litúrgica entro i límiti della sua competenza. Le stesse conferenze episcopali hanno dei límiti ben determinati, come stabilisce il cànone 455[8]. Perciò se un véscovo o una conferenza episcopale viètano la Comunione in bocca, anche se, anziché comunicati o lèttere, utilizzàssero dei decreti (più corretti dal punto di vista formale), oltrepàssano i límiti della loro competenza[9], compiendo un vero e pròprio abuso di potere. Questi provvedimenti pertanto risúltano èssere invàlidi e non hanno alcuna forza obbligante, né per i sacerdoti né per gli altri fedeli. Si dirà che per altre questioni, come l’abolizione dello scàmbio della pace (recentemente modificato), non si sono poste obiezioni, ma questo intervento rientra nel pròprio àmbito di competenza, anzi lo stesso celebrante ha facoltà sempre di ométterlo, non essendo obbligatòrio. Quindi è davvero paradossale che certi pastori pretèndano l’obbedienza a certe “norme” stabilite in modo arbitràrio, quando essi stessi sono i primi disobbedienti alle autèntiche norme della Chiesa.
Diritto invariato dei fedeli a ricévere la comunione in bocca
L’attuale Ordinamento Generale del Messale Romano[10] (25 gennaio 2004) e l’Istruzione Redemptionis Sacramentum[11] del 25 marzo 2004 conférmano in maniera chiara e inequivocàbile che il fedele ha sempre e comunque il diritto di ricévere la Comunione in bocca, anche dove è consentita la Comunione sulla mano. Non solo, la stessa Istruzione al n. 91 ricorda che non è lècito negare la Santa Comunione a seconda del modo che uno scéglie per comunicarsi, citando il canone 843 § 1, il quale stabilisce che:
«i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedono opportunamente».
CRÍTICA ALL’ABUSO DI NEGARE LA COMUNIONE IN BOCCA
Ora, come si può negare la Comunione semplicemente perché un fedele chiede di ricéverla in un modo stabilito dalla Chiesa? Il fedele che non vuole ricevere la Comunione sulla mano non lo fa perché è fissato, rígido e formalista, ma perché con questa modalità ci sono molti inconvenienti, primo fra tutti l’inevitàbile dispersione di frammenti eucarístici. La rigidità piuttosto la si riscontra in chi vuole imporre con la forza la Comunione sulla mano. In sostanza si dice: «Vuoi la Comunione? O la predi in mano o niente!». Complimenti, e poi ci riempiamo la bocca di «carità e sensibilità pastorale», di vicinanza ai fedeli, di èssere misericordiosi e comprensivi. In realtà questa imposizione appare né più né meno come una forma di clericalismo, mai tanto combattuto come in questo tempo, ma solo a parole. Diversi sacerdoti, pur essendo contrarî alla Comunione sulla mano, non la négano e nell’attuale situazione, per venire incontro alle difficoltà di alcuni fedeli, disorientati da tante informazioni contrastanti che ricévono, fanno comunicare prima coloro che vògliono la Comunione in mano e poi alle fine quelli in bocca. Quindi è sufficiente un po’ di buon senso. Mi pare che questi sacerdoti dimòstrino un’apertura e una elasticità mentale ben maggiore di certi novelli farisei e legalisti. E invece cosa si fa? Chi rispetta la libertà di scelta dei fedeli, con le dovute attenzioni, viene accusato di disobbedienza e, senza alcun fondamento scientífico, di èssere un irresponsaàbile, un untore, di èssere càusa di propagazione del virus, di non preoccuparsi della salute della gente. Come siamo bravi a stravòlgere la realtà!
¿Si vuole dare l’última spallata alla comunione in bocca?
Piuttosto sembra che, nell’attuale situazione, si sia presa la palla al balzo per dare un’ùltima spallata alla Comunione in bocca, detestata da molti per motivi ideològici. Ne è prova il fatto che qualche vescovo ha addirittura definito la Comunione sulla língua un abuso litúrgico, quando in realtà è pròprio la Comunione sulla mano ad èssersi imposta come un abuso litúrgico, che poi è stato successivamente legalizzato. Sono numerosi i fedeli che, anche prima dell’inízio della pandemia, sono stati derisi, presi in giro e gravemente offesi dai proprî pastori solo perché desideràvano ricévere la Comunione in bocca e in ginòcchio, dimostrando anche in questo caso una proverbiale carità e sensibilità pastorale. A loro veniva intimato, con estrema severità di alzarsi, altrimenti non avrebbero ricevuto l’Eucaristia: questo sì che è un abuso, come ricorda Redemptionis Sacramentum n. 91. Ma, di fronte a tanti casi del gènere, non si è preso nessun provvedimento, anzi c’è stato un tàcito assenso.
CONCLUSIONI
Mi pare che molti fedeli oggi dimóstrino di aver più fede nella Presenza Reale di Nostro Signore e di aver più rispetto nell’Eucaristia di molti pastori che, invece di fare crociate contro la Comunione in bocca, dovrebbero forse prèndere ad esémpio dalla fede dei píccoli e sémplici pastorelli di Fatima che così pregàvano con la preghiera insegnata loro dall’Àngelo:
«Mio Dio, io credo, adoro, spero e Ti amo. Ti chiedo perdono per quelli che non crédono, non adórano, non spèrano e non Ti àmano. Santíssima Trinità, Padre e Fíglio e Spírito Santo, io Ti adoro profondamente e Ti offro il Preziosíssimo Corpo, Sàngue, Ànima e Divinità di nostro Signore Gesù Cristo, presente in tutti i Tabernàcoli del mondo, in riparazione degli oltraggî, sacrilegî e indifferenze con cui Egli stesso è offeso. E per i mèriti infiniti del Suo Cuore Sacratíssimo e del Cuore Immacolato di Mària, Ti domando la conversione dei pòveri peccatori».
Don Federico Bórtoli
Note
[1] Questo testo di don Federico Bortoli è la sua tesi dottorale in Diritto Canonico.
[2] «Rimane la raccomandazione di evitare la distribuzione delle ostie consacrate portate dall’officiante direttamente alla bocca dei fedeli» (Ministero dell’Interno, rif. nota prot. n. 231/2020 del 17.06.2020).
[3] Ministero degli interni, Protocollo con le Comunità Ortodosse, 15 maggio 2020. Al punto 2.4 si richiede: «Il celebrante e i ministri avranno cura di offrire l’Eucarestia in conclusione della Divina Liturgia senza venire a contatto con i fedeli».
[4] Ministero degli interni, Protocollo con le comunità protestanti, evangeliche e anglicane, 15 maggio 2020. Al punto 2.4 si richiede: «Il celebrante e i ministri avranno cura di offrire il Pane senza venire a contatto con i fedeli».
[5] Ministero degli interni, Protocollo circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo, 7 maggio 2020. Al punto 3.4 si richiede: «Il celebrante e i ministri abbiano cura di offrire l’ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli».
[6] Sebbene nelle pandemie ― come ricorda il card. Robert Sarah nella sua “Lettera ai presidenti delle Conferenze episcopali sulla celebrazione della liturgia durante e dopo la pandemia del covid-19” (12 settembre 2020) ― i Véscovi e le Conferenze Episcopali pòssono dare normative provvisòrie alle quali si deve obbedire, queste normative non pòssono toccare il modo di ricevere la comunione. È per questo motivo che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (CCDDS) ribadì la norma universale quando rispose ad un làico della Gran Bretagna, appartenente ad una diòcesi nella quale la comunione sulla língua era stata vietata a càusa delle preoccupazioni per l’epidemia allora in atto causata dal virus H1N1, responsàbile di quella “influenza suina” che per l’Organizzazione Mondiale della Sanità avrebbe dovuto scatenare la prima pandemia del ventunésimo secolo. La CCDDS così rispose:
«Questa congregazione… accusa ricezione della vostra lettera datata 22 giugno 2009 riguardo al diritto dei fedeli di ricevere la Santa Comunione sulla lingua. Questo dicastero osserva che l’istruzione Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004) chiaramente afferma che “ogni fedele ha sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca” (n.92), e non è lecito negare la Santa Comunione a chi tra i fedeli non sia impedito dalla legge canonica a ricevere la Santa Eucarestia (cfr. n.91)» (CCDDS, responso del 24 luglio 2009, prot. 655/09/L).
[7] Can. 838 – §1. Regolare la sacra liturgia dipende unicamente dall’autorità della Chiesa: ciò compete propriamente alla Sede Apostolica e, a norma del diritto, al Vescovo diocesano.
2. È di competenza della Sede Apostolica ordinare la sacra liturgia della Chiesa universale, pubblicare i libri liturgici e autorizzarne le versioni nelle lingue correnti, nonché vigilare perché le norme liturgiche siano osservate fedelmente ovunque.§
3. Spetta alle Conferenze Episcopali preparare le versioni dei libri liturgici nelle lingue correnti, dopo averle adattate convenientemente entro i limiti definiti negli stessi libri liturgici, e pubblicarle, previa autorizzazione della Santa Sede.
4. Al Vescovo diocesano nella Chiesa a lui affidata spetta, entro i limiti della sua competenza, dare norme in materia liturgica, alle quali tutti sono tenuti.
[8] Can. 455 – §1. La Conferenza Episcopale può emanare decreti generali solamente nelle materie in cui lo abbia disposto il diritto universale, oppure lo stabilisce un mandato speciale della Sede Apostolica, sia motu proprio, sia su richiesta della conferenza stessa.
[9] Per una corretta esegesi del can. 838,3-4 e il can 455,1 al fine di valutare la decisione della CEI e dei singoli vescovi in merito alla distribuzione della comunione eucaristica è necessario sapere quali sono:
1- i limiti della competenza dei vescovi diocesani e delle Conferenze Episcopali
2- e cosa il diritto universale abbia disposto in matèria.
Ebbene i limiti della competenza dei vescovi diocesani e delle Conferenze Episcopali e le disposizioni del diritto universale in matèria liturgica sono circoscritti:
– dai libri liturgici,
– e dalle istruzioni emanate dalla Santa Sede.
Per quando riguarda la distribuzione della Comunione eucaristica il libro liturgico di riferimento è:
– Ordinamento generale del Messale Romano (OGMR), 2004.
Le istruzioni sono:
– Istruzione Memoriale Domini, 29/5/1969,
– Istruzione Redemptionis Sacramentum, 25/3/2004.
L’Ordinamento generale del Messale Romano afferma che:
«È proprio delle Conferenze Episcopali […] definire e introdurre nel Messale gli adattamenti […], come: […] il modo di ricevere la sacra Comunione (Cf. sopra, nn. 160, 283); […]» (Ordinamento generale del Messale Romano, 390)
Questi adattamenti nel modo di ricévere la sacra Comunione si limitano ai due casi indicati nello stesso documento: 1) il tipo di riverenza da fare quando i fedeli si comunicano in piedi e 2) la comunione sotto le due specie.
1) Tipo di riverenza da fare quando i fedeli si comunicano in piedi:
«I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza Episcopale. Quando però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse norme».
(Ordinamento generale del Messale Romano, 160)
Siccome qualche vescovo fu indotto a pensare che spettasse alle Conferenze Episcopali decidere se i fedeli dovessero comunicarsi in piedi o in ginocchio, la Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei sacramenti specificò il 25 marzo 2004 al n. 91 della istruzione Redemptionis sacramentum che:
«non è lecito negare a un fedele la santa comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi».
Correggendo quindi l’errore interpretativo di alcuni vescovi.
2) Comunione sotto le due specie:
«Il Vescovo diocesano può stabilire per la sua diocesi norme riguardo alla Comunione sotto le due specie […].
Circa il modo di distribuire ai fedeli la sacra Comunione sotto le due specie e circa l’estensione delle facoltà, le Conferenze Episcopali possono stabilire delle norme, approvate dalla Sede Apostolica». (Ordinamento generale del Messale Romano, 283)
Tra gli adattamenti, quindi, non compare la soppressione, anche se solo temporanea, della comunione sulla lingua. Quando al canone 838 § 2 si menzionano i limiti della competenza dei Vescovi nella loro funzione di «dare norme in matèria liturgica» si fa implicitamente riferimento a quanto ho scritto sopra.
[10] 161. «Se la Comunione si fa sotto la sola specie del pane […] il comunicando […] riceve il sacramento in bocca o, nei luoghi in cui è stato permesso, sulla mano, come preferisce».
[11] Il numero 92 afferma che ogni fedele ha «sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca».