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La grande promessa del Sacro Cuore di Gesù

Breve storia del culto al Sacro Cuore

Il culto al Sacro Cuore di Gesù si può dire che segni il suo inizio il giorno del Venerdì Santo. Gesù, in quel giorno solenne, manifesta il suo Cuore e l'offre come oggetto di culto alle anime buone.

È vero che la Santa Chiesa, nei primi secoli, non ha avuto un culto diretto al Sacro Cuore di Gesù, un culto liturgico, ma essa ha ricordato sempre l'amore infinito del Salvatore che è, poi, l'oggetto principale del culto liturgico, sorto più tardi.

Di tanto in tanto vi furono anime sante che penetrarono nel mistero di amore del Salvatore, di cui il suo Cuore è simbolo. Primeggiano in questa devozione santa Geltrude (1256-1302), san Bonaventura (1221-1274), san Giovanni Eudes (1601-1680). San Cipriano (210-258) scrisse:

«Da questo Cuore aperto dalla lancia discende la sorgente di acqua viva che zampilla fino all'eterna vita». San Giovanni Crisostomo, cantando al Sacro Cuore, lo invocava come «immenso mare di inesauribile clemenza».

Agostino (354-430) lo paragona all'Arca di Noè e afferma:

«Come per la finestra dell'Arca entrarono gli animali che non dovevano perire nel diluvio, così nella ferita del Cuore di Gesù sono invitate ad entrare tutte le anime, affinché tutte si salvino».

San Pier Damiani (1007-1072) cantava:

«Nell'adorabile Cuore di Gesù noi troviamo tutte le armi proprie per la nostra difesa, tutti i rimedi per la guarigione dei nostri mali».

E così, attraverso i secoli, la voce dei Santi ci convincerà che la devozione era viva nella Chiesa, nascosta, in attesa di essere solennemente annunziata al mondo. Chi non ricorda la bella espressione di S. Bernardo (1090-1153):

«O dolcissimo Gesù, quale tesoro di ricchezze voi adunate nel vostro Cuore; Oh! quanto è buono, e come è giocondo abitare in questo Cuore».

«Oh amabile piaga — esclamava S. Bonaventura — per te mi si aperse la via per giungere fino all'intimità del Cuore del mio Gesù e per stabilirvi la mia dimora».

Così potremmo prendere di secolo in secolo fino al XVI che segna l'alba gloriosa del culto pubblico e liturgico al Sacro Cuore che si fonda sulle insigni rivelazioni concesse a santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), religiosa della Visitazione a Paray-le-Monial (Francia). Pio XII nella sua Enciclica «Haurietis aquas» così parla di santa Margherita maria Alaqoque:

«Fra tutti i promotori di questa nobilissima divozione merita di essere posta in speciale rilievo Santa Margherita Maria Alacoque, giacché al suo zelo illuminato, e coadiuvato da quello del suo direttore spirituale, il beato Claudio de la Colombière, si deve indubbiamente se questo culto, già così diffuso, ha raggiunto lo sviluppo che oggi desta l'ammirazione dei fedeli cristiani e ha rivestito le caratteristiche di omaggio, di amore e di riparazione, che lo distinguono da tutte le altre forme di pietà cristiana».

L'importanza delle rivelazioni di santa Margherita Maria, precisa l'Enciclica,

«consiste in ciò che il Signore, mostrando il suo Cuore sacratissimo, si degnò di attrarre in modo straordinario e singolare, le menti degli uomini alla contemplazione e alla venerazione dell'amore misericordiosissimo di Dio verso il genere umano.

Il freddo XVI secolo fu caratterizzato dalla ribellione protestante e dall'eresia giansenistica.  Fu il terribile secolo che vide intere nazioni ribellarsi all'autorità della Chiesa e staccarsi dal centro della cristianità. Il gelido secolo dell'eresia di Giansenio, che, sotto veste di falsa pietà, allontanava le anime dall'amore filiale verso Dio. Gesù allora mostra all'anima eletta di santa Margherita Maria Alacoque il suo Cuore, come potente magnete che doveva attirare a sé le anime, e ardente fiaccola che doveva accendere nel cuore degli uomini la carità. Gesù le disse:

«Ho salvato il mondo con la croce nella mia passione. Ora lo voglio salvare mostrandogli il mio Cuore, oceano delle mie infinite misericordie».

Gesù le chiese un culto, non solo individuale, ma pubblico e sociale, un culto liturgico con l'istituzione della festa nel giorno dopo l'ottavario della solennità del Corpus Domini.

La Chiesa accettò, dopo maturo esame, le rivelazioni di S. Margherita Maria Alacoque e gradatamente approvò la festa in onore del S. Cuore, nel giorno desiderato dal Signore, con messa e ufficiatura propria. Sul principio essa fu celebrata nelle diocesi di Francia dietro le opportune approvazioni dei vescovi, secondo i regolamenti allora vigenti.

Più tardi papa Clemente XIII la estese alla Colonia con rito doppio maggiore e a quelle Nazioni che l'avessero chiesto alla Santa Sede.

Il Santo Padre Pio IX nel 1856 l'estese a tutto il mondo cattolico. Lo stesso Pontefice, beatificò Margherita nel 1864 e con decreto del sei maggio 1873 approvò la pratica del mese di giugno consacrato al Sacro Cuore di Gesù, elargendo speciali indulgenze e nello stesso anno, il 24 luglio, approvò il voto dell'Assemblea Nazionale di Francia di elevare un Tempio al Sacro Cuore sulla collina di Montmartre.

Il 12 settembre del medesimo anno pubblicò il voto dei cattolici di dedicare in Roma una stupenda basilica in onore del S. Cuore. Il pontefice Leone XIII nella Lettera Enciclica "Annum Sacrum" proclamò solennemente, il S. Cuore nuovo segno di salvezza e volle la consacrazione del genere umano al S. Cuore, con speciale formula.

Il Santo Padre Pio X elargì la generosa indulgenza plenaria "toties quoties" alle chiese dove si tiene la pia pratica del mese di giugno e il privilegio dell'Altare Gregoriano ad instar al Predicatore e al Rettore della chiesa, nel giorno in cui si chiude il pio esercizio.

Finalmente il Santo Padre Pio XI, nel 1929, elevava la festa in onore del S. Cuore alla massima solennità consentita dalla liturgia.

Era il trionfo completo del Sacro Cuore, sulle contraddizioni ricevute nel passato.

Le promesse del Sacratissimo Cuore di Gesù

Le promesse del S. Cuore sono molte e svariate. Vi è chi negli scritti dell'apostola del S. Cuore ne conta più di sessanta: indirizzate ora a singoli individui, ora a comunità religiose o zelatori della devozione, ora a tutte le persone bisognose che vogliono ricorrere con fiducia a questa sorgente di grazie.

Santa Margherita Maria Alacoque, ripete commossa e instancabile le meravigliose promesse che Gesù ha fatto a tutti gli uomini e rimane ella stessa confusa e rapita di tanta bontà che si estende e si diffonde ovunque.

Tratta dalle promesse di Gesù a santa Margherita Maria disseminate nelle sue lettere

Esiste una bella raccolta di dodici promesse di Gesù ai devoti del suo Sacro Cuore estrapolate — da un autore ignoto in un tempo sconosciuto — dalle lettere di santa Maria Margherita. La sua diffusione di questa raccolta è dovuta all'importanza delle promesse in se stesse e allo zelo di un cattolico americano che nel 1882 le fece tradurre in 200 lingue e le diffuse in tutto il mondo. La raccolta, universalmente nota, dopo una prima promessa di carattere generale, con la quale il S. Cuore di Gesù promette di concedere a tutti i suoi devoti "le grazie necessarie al loro stato", pone quattro promesse che riguardano la vita terrena:

2) Metterò la pace nelle famiglie (Lettera n. 141);

3) Li consolerò in tutte le loro afflizioni (Lettera n. 141);

4) Sarò loro rifugio nei pericoli della vita (Lettera n. 141);

5) Spargerò copiose benedizioni su tutte le loro imprese (Lettera n. 141).

Vengono quindi tre promesse per la vita spirituale:

6) I peccatori troveranno nel mio Cuore la fonte e l'oceano della misericordia (Lettera n. 132);

7) I tiepidi diventeranno fervorosi (Lettera n. 132);

8) I fervorosi saliranno a grande perfezione (Lettera n. 132).

Segue una promessa di carattere sociale.

9) Benedirò i luoghi dove sarà esposta ed onorata l'immagine del mio Cuore (Lettera n. 35).

Per i sacerdoti e per i zelatori della devozione del S. Cuore vi sono due promesse: la decima e l'undecima:

10) Darò ai sacerdoti il dono di commuovere i cuori più induriti (Lettera n. 141);

11) Le persone che propagheranno questa devozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore e non sarà cancellato giammai (Lettera n. 141);

Infine la duodecima, quella chiamata comunemente la «Grande Promessa» (Lettera n. 86) che riguarda la penitenza finale a chi avrà fatto la pia pratica dei primi nove venerdì del mese (vd. paragrafo successivo).

Come si vede, il S. Cuore di Gesù non si è accontentato di accennare genericamente ai frutti che avrebbe portato alle anime la devozione al suo Divin Cuore, ma ha voluto specificarli, quasi per attirare maggiormente l'attenzione degli uomini su di essi e indurli a darsi a lui senza riserve.

La Grande Promessa

Fra le promesse del Sacro Cuore di Gesù a santa Margherita Maria Alacoque, vi è una fatta alla santa nel 1689, un anno prima della sua morte, che merita di essere da tutti conosciuta. È la dodicesima di quelle che vengono ordinariamente elencate nei libri di devozione ed è espressa così:

«Io ti prometto nell'eccessiva misericordia del mio Cuore, che il mio amore onnipotente concederà a tutti coloro che si comunicheranno ai primi venerdì del mese, per nove mesi consecutivi, la grazia della perseveranza finale: non moriranno nella mia disgrazia né senza ricevere i sacramenti, il mio cuore sarà per essi, di sicuro asilo in quell'ora estrema» (Lettera n. 86).

Autenticità della grande promessa

Questa è la "Grande Promessa" del Cuore misericordioso di Gesù, che il Sommo Pontefice Benedetto XV riporta integralmente nella lettera decretale per la canonizzazione di santa Margherita Maria Alocoque del 1920, aggiungendo che:

«tali furono le parole che Gesù benedetto rivolse alla sua serva fedele»[1].

Queste parole del decreto di canonizzazione sono eccezionali perché esulano dall’abituale riserbo della gerarchia della Chiesa su quei fenomeni che possono essere creduti con fede meramente umana[2]. La prassi stabilità da papa Benedetto XIII, infatti, distingue tra virtù  e carismi e comporta da parte della gerarchia, nella procedura di canonizzazione di un servo di Dio, un giudizio limitato all’eroicità delle virtù, positivamente escludente dal suo ambito visioni, apparizioni e rivelazioni private[3]. Le parole di Benedetto XV, alla luce anche degli interventi magisteriali dei suoi successori[4], non possono essere confuse, quindi, come una generica permissione, una sorta nihil obstat, ma sono un impegno solenne, anche se non infallibile, a sostenere sia il fatto della rivelazione che la sua autenticità.

Conformemente a quanto insegna il Concilio Vaticano II sull’ufficio dottrinale della Chiesa[5], il rigetto aprioristico di questa rivelazione privata da parte dei fedeli non sarebbe certamente eretico, trattandosi solo di fede umana, ma pur sempre gravemente temerario, considerando l’assenso loro concesso dal Magistero della Chiesa.

Condizioni richieste

Nella Grande Promessa del Sacro Cuore di Gesù sono elencate le condizioni poste per fruire dei suoi benefici. Si potrebbe dire “condizione richiesta”, ma per maggiore chiarezza la dividiamo in tre parti:

1) Nove comunioni. Si comprende che debbano essere fatte in grazia di Dio. Diversamente sarebbero sacrilegi. Ed è chiaro che in tal caso nessuno può aspettarsi di fruire del beneficio della Grande Promessa.

2) Nei primi venerdì del mese. Non in un altro giorno. Nessun sacerdote può commutare il venerdì  con la domenica o con un altro giorno della settimana. Il S. Cuore pone in termini precisi questa condizione: nove primi venerdì. Neppure i malati vi si possono sottrarre.

3) Nove mesi consecutivi. Di modo che chi, o per dimenticanza o per qualsiasi altra ragione, anche giusta, ne tralascia una, non adempie la condizione espressa dal S. Cuore. Il caso più trepido è quello di una malattia. Ma non è difficile in tal caso chiamare il sacerdote che sarà ben lieto di portare Gesù al malato. Per restare nella condizione dei nove venerdì consecutivi bisognerà in questo caso protrarre la pratica ancora per un altro mese.

Riflessioni conclusive

Taluni diranno che non vi è proporzione tra l'esiguità della causa e la grandiosità dell’effetto: la salvezza dell’anima. Ed è vero! Ma per questo Gesù stesso parla di eccessiva misericordia del suo Cuore e di trionfo del suo amore onnipotente. Ma proprio questa sproporzione deve eccitare in noi un vivo senso di gratitudine verso il Sacro Cuore, e indurci a compiere questa pia pratica anche a costo di sacrifici e di rinunzie. L’amore di un Dio deve trovare riscontro nel nostro amore e tutte le promesse non hanno altro scopo che spingerci ad amare quel Dio che tanto ci ama ed è sì poco riamato.

La Grande Promessa non favorisce il rilassamento della vita cristiana con una pericolosa illusione della propria salvezza eterna? No, non crediamo: un'anima che vive nell'atmosfera del S. Cuore non può accettare il peccato con la convinzione che alla fine il S. Cuore manterrà la sua promessa. Ella sa che, la perseveranza finale, infatti, non può essere oggetto di una certezza assoluta e infallibile, come dice il Concilio di Trento, ma morale. La certezza morale pone l’anima nostra nella pace e nella fiducia e favorisce il nostro amore verso Dio. È in questo senso che bisogna interpretare sia le parole di Cristo nel vangelo a proposito della comunione: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna», sia quelle rivelate a santa Margherita Maria e che costituiscono la Grande Promessa. Ciò che è sicuro è che Dio, a quanti avranno fatto i loro "primi nove venerdì darà al momento della morte grazie di luce, di forza, perché non muoiano in sua disgrazia. Ma se un'anima rifiutasse Dio in quel momento, malgrado le grazie, Dio non la costringerebbe ad accettarle. La certezza morale che, mentre esclude la temerarietà, non ammette alcun dubbio vero e proprio e tiene l'anima in quella circospezione che l'obbliga ad essere sempre vigilante e a cooperare alla grazia stessa. I fatti, daltronde, smentiscono il dubbio posto. E noi vediamo anime che, pur avendo fatti i nove primi venerdì, li ripetono non per il dubbio di non averli fatti bene, non perché non credono nella bontà del S. Cuore, ma perché, trepidanti della propria salvezza eterna, temono di non corrispondere abbastanza alla grazia di Dio. E senza la libera rispondenza alla grazia che spinge ad osservare la Legge di Dio, a fare il bene e a fuggire il male, le anime cristiane sanno che nessuno può salvarsi. Ma i fatti smentiscono soprattutto perché, è constatato, ove la pratica dei primi venerdì fiorisce, fiorisce altresì la vita cristiana. Una parrocchia dove al primo venerdì si assiepa l’altare è parrocchia sana, cristiana; tanto più cristiana quanto più sono praticati i primi nove venerdì.

Flaviano Patrizi

 


Note

[1] Benedetto XV, Beatae Margaritae Mariae Alacoque, Virgini, Mon I Ali A Visitatione Sanctae Mariae, Sanctorum Honores Decernuntur, in AAS 12 (1920), p. 503.

[2] La “fede umana” si fonda sulle qualità morali e intellettuali di un testimone, in questo caso Santa Margherita Maria Alacoque. È un assenso umano che un essere ragionevole e prudente non rifiuta mai a una persona degna di fede. Si distingue dalla “fede divina e cattolica” con la quale deve credersi: «tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio, scritta o trasmessa per tradizione, e che vengono proposte dalla Chiesa, o con solenne definizione, o con il magistero ordinario e universale, come divinamente ispirate, e pertanto da credersi» (Concilio Vaticano I, costituzione dogmatica Dei Filius, del sommo pontefice Pio IX).

[3] A. Pooulain, Delle grazie d’orazione. Trattato di teologia mistica, Marietti, Torino-Roma 1926, p. 335

[4] Pio XI, lettera enciclica Miserentissimus Redemptor, sull'atto di riparazione al Sacratissimo Cuore di Gesù, 8 maggio 1928.

[5] Lumen gentium, n. 25 a: «questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla « ex cathedra ». Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi»

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