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Omelia: II Doménica di Pasqua o della Divina Misericórdia

Letture della messa del giorno

Nell’único giorno di Pasqua che liturgicamente abbiamo festeggiato fino ad oggi, ottava di Pasqua e festa della Divina Misericòrdia, una richiesta abbiamo rivolto al Signore nella preghiera di colletta, che è bene ripètere: «Accresci in noi la gràzia che ci hai donato, perché tutti comprendiamo l’inestimàbile ricchezza del Battésimo che ci ha purificati, dello Spírito che ci ha rigenerati, del Sàngue che ci ha redenti». ¿Qual è la gràzia donàtaci da Dio? La fede. E con la fede la vita del credente, che non è vita biològica, non è certezza che stiamo respirando e che ci batte il cuore, ma molto di piú: è vita piena della speranza e dell’amore che vèngono da Dio.

Questo tipo di vita può dàrcela solo Dio, per questo è necessàrio per avércela la fede in Lui. San Giovanni questo lo sapeva molto bene e per ciò conclude la sua testimonianza di discèpolo ed evangelista con queste parole: «questi segni sono stati scritti [nel Vangelo] perché crediate che Gesú è il Cristo, il Fíglio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome». Avere una vita bella, perché colma di giòia pasquale; colma di senso profondo delle cose; colma di forza che viene dall’alto; colma di una carità che non si esaurisce; ma soprattutto colma della speranza nella vita futura, nella vita eterna, nella risurrezione, è il risultato della fede vissuta, della fede che non dúbita piú, della fede di san Tommaso,…ma del Tommaso fatto nuovo dall’incontro con il Risorto. Credendo in Gesú morto e risorto, abbiamo la vita nel suo nome. Cioè: non pensiamo che Gesú ci sia stato molti anni fa, ma non ci sia piú adesso; sappiamo invece che Gesú c’è ed è Divina Misericòrdia: è vivo e mi inserisce nella sua vita, nel suo nome. Questa verità è contenuta nella festa che oggi celebriamo: la festa della Divina Misericòrdia, l’Ottava di Pasqua. «Comprendiamo l’inestimàbile ricchezza del Battésimo che ci ha purificati», se pensiamo che abbruttirsi e morire è facilíssimo, ma Gesú non permette nessuna delle due cose a quanti si fanno purificare da Lui e dalla sua misericòrdia. «Comprendiamo l’inestimàbile ricchezza dello Spírito che ci ha rigenerati», se guardiamo all’òpera di Dio nella nostra vita pròprio dove prevaleva la misèria e la morte, ma è entrato il sòffio dello Spírito e il dono del perdono. «Comprendiamo l’inestimàbile ricchezza del Sàngue che ci ha redenti», se capiamo che Dio non ci ha amati a parole o per ischerzo, ma versando il Sàngue per noi. Il Sàngue di Gesú, infatti, ha un valore inestimàbile, perché redime, ovverosia spezza ogni catena col Maligno.

Dunque, nella festa della Divina Misericòrdia, voluta e richiesta da Gesú a santa Faustina Covalsca, per ben quindici volte, a partire dal 1931, comprendiamo tutto questo: che GESÚ CON LA SUA VITA, PASSIONE, MORTE E RISURREZIONE CI HA FATTO DONO DI UNA RICCHEZZA SCONFINATA; ci ha resi ricchi sfondati, perché ci ha fatti santi con il dono del Battésimo; nuovi con il dono dello Spírito Santo; e líberi da ogni schiavitú con il suo Sàngue. Perché ha fatto questo? Risponde il Salmo: perché «il suo amore è per sempre» (Sal 136, v.1 CEI2008); perché «eterna è la sua misericòrdia» (CEI74), diceva la precedente traduzione. Eterna è la sua Misericòrdia vuol dire che il Fíglio di Dio vive e ama da sempre e per sempre, e con questo amore eterno può trasformare la misèria in gràzia. Com’è possíbile? Può la sporcízia diventare una cosa buona? Con Dio sí. Per capirlo vi fàccio un esèmpio sémplice sémplice, preso dal mondo contadino. Quando un terreno è senza contenuti nutrienti per le piante, e quindi è pòvero, ¿il contadino che fa? Se ne va in una stalla di cavalli, ne raccóglie in un sacco lo sterco, e lo porta in quel terreno facèndolo diventare concime. Il concime rilàscia le ricchezze di vita di cui aveva bisogno il terreno, e il terreno rinnovato darà piante flòride con fòglie verdi, sane, abbondanti e con frutti gustosi. Quello che nella stalla era puzzolente cacca di un animale, chiamata col nome che mèrita una cosa tanto schifosa, sul terreno è diventato prezioso nutrimento, che non è un caso che in siciliano chiamiamo “grasciura”, visto che fa fiorire grandemente la vita.

Passando dalla terra allo spírito, capiamo la Misericòrdia di Dio che cos’è: GESÚ PUÒ TRASFORMARE LA SPORCÍZIA, LA BRUTTURA, LA MISÈRIA, I PECCATI E LE FERITE DELLA NOSTRA VITA IN BELLEZZA, GRÀZIA E FORZA, quando noi li togliamo dalla nostra vita (la stalla) e li consegniamo al suo Cuore misericordioso e gli diciamo: «Signore, io vòglio èssere un uomo migliore, una donna migliore, un bambino piú buono. Perdona questi miei peccati e trasforma le mie ferite in bellezza soprannaturale». E Gesú fa pròprio questo: da escrementi animali ci rende tesori vitali; da brutti anatròccoli ci rende cigni bianchi; da bèstie feroci ci fa miti agnelli; da incrèduli, ci fa credenti, come ha fatto con san Tommaso. In san Tommaso, infatti, c’è ciascuno di noi, che non era con gli altri discèpoli e apòstoli alla prima apparizione di Gesú risorto, e dunque riceve da altri la notízia e le descrizioni della risurrezione e del Risorto.

Riceve una fede trasmessa da altri, come del resto noi che abbiamo ricevuto la fede dai nostri genitori, che a loro volta l’hanno ricevuta dai nostri nonni, che a loro volta l’hanno ricevuta dai nostri avi; e cosí procedendo a ritroso di generazione in generazione fino ad arrivare agli apòstoli, che gioírono nel vedere il Signore risorto e lo comunicàrono a san Tommaso.

Questa comunicazione di cose corrette, vere e giuste, si chiama trasmissione della fede apostòlica, ma non è ancora la fede vissuta, la fede dell’incontro personale con Gesú: serve crèdere! Crèdere senza avér visto con gli occhî físici, ma avendo visto con gli occhî della fede il Gesú che mi viene incontro; che mi conosce fino in fondo; che mi parla con pàrole che mi riguàrdano; che mi fa toccare le sue ferite guarite ma aperte nella vita di tanti fratelli che Lui ha risanato. Quando avviene questa esperienza della risurrezione e dell’incontro col Risorto, la Misericòrdia di Dio còmpie il miràcolo che làscia tutti a bocca aperta, spècie i superbi che pènsano di non avere mai peccato e di avere quella purezza che viene solo dai loro sforzi. E il miràcolo è questo: un miseràbile è diventato santo e un incrèdulo credente.

Che la festa della Divina Misericòrdia ci fàccia meditare bene su questa potenza dell’amore di Dio, che arricchisce il pòvero ed è la vera bellezza che salverà il mondo.

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