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Omelia: VI Doménica del T.O. | Anno C

Letture della messa del giorno

Nella preghiera di colletta troviamo il senso e il succo del discorso che Gesú fa ai suoi discèpoli, nell’occasione che il brano del Vangelo di questa Doménica ricorda: Dio promette il regno ai pòveri e agli oppressi.  Se, però, ci fermiamo a questa espressione e dimentichiamo il resto, sembrerebbe che Gesú fàccia l’elògio della misèria, dell’ingiustízia, del sopruso, del dolore.

Invece la preghiera dice: «O Dio, Signore del mondo, che prometti il tuo regno ai pòveri e agli oppressi e resisti ai potenti e ai superbi, concedi alla tua Chiesa di vívere secondo lo spírito delle beatitúdini». Quindi l’opposizione non è tra ricchi e pòveri in quanto ceti o classi sociali, ma in quanto persone che, da pòveri e oppressi, sanno di avere bisogno di aiuto e di èssere sotto attacco; da potenti e superbi, pènsano di avere tutto e di non avere bisogno di nessuno. Ecco: in questa suddivisione ci finíscono come in un campo di opposti schieramenti, coloro che sono benedetti perché confídano nel Signore e coloro che sono maledetti perché confídano in sé stessi; coloro che hanno Dio e sono ricchi di questo Amico, anche se non hanno niente, e coloro che hanno tutto, ma non hanno Dio, e dunque sono nella condizione peggiore che si possa immaginare. Possiamo dire che la contrapposizione sia tra BEATI E INGUAIATI; però (cosa strana per chi non sa ragionare secondo lo spírito delle beatitúdini) i guaî non sono di chi è pòvero, ha fame, piange, è odiato, emarginato, insultato, disprezzato, e calunniato; ma di coloro che sono ricchi e si consòlano di questa ricchezza; sono sazî, e non hanno fame di volontà di Dio; sono degli allegri sghignazzatori o dei barzelletieri insuperàbili, e non cèrcano la vera giòia; sono applauditi e apprezzati da tutti, e per questo pàrlano e vívono per avere questo consenso. Ebbene gli inguaiati hanno questa vita fàcile e senza problemi, mentre i beati hanno una vita diffícile ma con un aiuto formidàbile, una ricchezza suprema ed eterna, un Amico con la A maiúscola: Dio.

Chi confida nel Signore, ha fatto della carità la sua legge e la sua vita, sicché benedetto da Dio con grandi doni spirituali, ha tutto per èssere benedizione e per benedire; non deve fare sforzi immani per èssere paziente, buono, misericordioso, sorridente, benévolo, perché ha ciò che gli serve e lo appaga: Dio in sé; la gràzia santificante; il bene dell’ànima; l’amore divino; lo Spírito Santo. È dunque un “beato” non perché tutto gli vada bene, senza ostàcoli né problemi, ma perché tutto è vissuto in Dio; e siccome Dio non si preòccupa di come andrà a finire la stòria, perché sa che è Lui il Signore della stòria, anche l’ànima che vive in Dio resta serena in ogni situazione. Inoltre Dio non ha paura delle creature; non ha paura del male, che può volgere in bene; non ha paura di lasciare incompleto qualcosa, perché porta a perfezione secondo criterî divini chi lo ama; non ha paura dei lunghi períodi perché è Eterno e il tempo per lui è come un pulvíscolo in mezzo all’Universo.

Pertanto il confidare in Dio ci sottrae dalla disperazione, dalla tristezza e dai desiderî di male e di vendetta, perché Dio non è il capitano di un plotone di esecuzione o un giúdice ingiusto che si è dimenticato di giudicare: Dio è il Bene, il vero Bene, il sommo Bene. Quindi se ce l’hai, beato! Se non ce l’hai, guaî a te che manchi di Colui che mette órdine e rende lieti. Guaî a te, inguaiato, che pensi di non avér bisogno di chi ti ha creato! Al contràrio, chi riceve tutto da Dio e vive di Dio, è capace di superare la prova piú grande e diffícile: l’èssere calunniati, cioè: il ricévere false accuse con le quali si attribuísce un agire malvàgio a chi ha fatto tutto bene.

Pensiamo a santa Zita, questa giovinetta di Monsagrati che va a lavorare presso la nòbile famíglia dei Fatinelli di Lucca, e poiché sapeva méttere da parte il cibo per i pòveri ed era molto amata e stimata in famíglia, per invídia di un’altra domèstica venne accusata di rubare ai padroni, ma non perse la pace e seppe difènderla Dio stesso.

Padre Pio è stato ritenuto un ciarlatano da Agostino Gemelli; un donnaiolo che attingeva prede dalle sue penitenti, come credèvano gli invidiosi; e ha subito una persecuzione da parte della Chiesa stessa che tanto amava.

San Luigi Orione, fu infettato di sifílide da un barbiere assoldato dalla massoneria ecclesiàstica, che, a Messina, mentre gli tagliava i capelli, lo tagliò e infettò di propòsito. Ovviamente immaginate quali conclusioni si sono tratte su di lui, visto il modo in cui si contrae normalmente questa malattia venèrea.

Il beato Tommaso Maria Fusco, fondatore delle Fíglie della carità del Preziosíssimo Sàngue, venne accusato di avere messo incinta una donna, che entrò persino in chiesa a fare una sceneggiata col pancione. Ma la verità era che due sacerdoti suoi rivali avèvano montato tutta la stòria e pagato la donna, per dire quelle calúnnie. Alla fine in punto di morte, con la língua divorata dai vermi, uno dei due confessò non èssere vero quello con cui si era infangato il suo sacerdòzio.

Tanti, cari fratelli e sorelle, sono gli esempî di santi che hanno fatto bene e ricevuto male; hanno detto la verità e sono stati chiamati bugiardi; hanno imitato Gesú Cristo e sono stati paragonati come lui a demonî.

Tutti questi uòmini e donne di Dio hanno mantenuto la pace; hanno mantenuto il cuore pulito dai desiderî di vendetta o di male; hanno accettato le peggiori umiliazioni, ma conservando il sorriso di chi sta sempre davanti al Volto del Signore.

Questi santi e beati dobbiamo imitare, perché a loro fu chiaríssimo lo spírito delle beatitúdini: chi confida nel Signore, non resterà deluso.

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